Alcune recenti metanalisi concludono che l’approccio non invasivo alla ventilazione (es. Nasal-Continuous Positive Air Pressure ventilation - N-CPAP) è una valida alternativa alla ventilazione meccanica (VM) nel trattamento dell’insufficienza respiratoria neonatale e che l’utilizzo di N-CPAP rispetto alla VM riduce l’incidenza di displasia broncopolmonare (BronchoPulmonary Dysplasia - BPD) e morte (1,2,3).
Come è noto l’approccio respiratorio non invasivo ha la capacità di:
Tuttavia, l’utilizzo della N-CPAP nella gestione del neonato con sindrome da distress respiratorio (Respiratory Distress Syndrome - RDS) non è ancora così diffuso (4).
Il supporto respiratorio non invasivo è utilizzato nelle patologie respiratorie neonatali da deficit primitivo (RDS) o secondario del surfattante (Sindrome da Aspirazione da Meconio - SAM, polmonite). Inoltre trova applicazione come terapia di supporto nell’insufficienza cardiaca o in caso di sovraccarico polmonare (es. in caso di Patent Ductus Arterious- PDA emodinamicamente significativo con shunt sx-dx), al fine di ridurre l’edema polmonare (5,6).
Gli utilizzi di questo supporto in epoca neonatale sono durante la fase acuta di RDS, nella fase di post-estubazione e nella gestione delle apnee del pretermine.
Tuttavia, anche se la N-CPAP è un valido supporto, in più del 50% dei neonati pretermine inizialmente trattati con questa tecnica (soprattutto neonati molto piccoli per l’età gestazionale) era necessario il ricorso a intubazione e alla VM.
In un articolo di Dargaville et al. vengono riassunti i fattori predittivi del fallimento della CPAP in neonati di 25.0-28+6 e 29.0-32+6 settimane di età gestazionale (EG). Dall’analisi multivariata in entrambi i gruppi il livello più alto di FiO2 risulta essere il fattore maggiormente predittivo per il fallimento (rispettivamente a 2 e a 6 ore di vita post-natale) ed anche il livello di CPAP nei neonati con EG <29 settimane (7). Gli autori riportano che il superamento della soglia di FiO2 ≥0.3 nelle prime ore di vita correli con il fallimento della n-cpap e, spesso, anche con altri outcome negativi come BPD e pneumotorace (PneumoThorax - PTX).
Il fallimento della N-CPAP dipende solo dalla severità della RDS - e quindi dal livello di FiO2 - o anche da altri fattori legati all’assistenza clinica?
Nella review pubblicata nel 2016 da Sahni R. et al. (8), neonatologi che lavorano nella Terapia Intensiva Neonatale (TIN) della Columbia University di New York, suggeriscono degli approcci per l’ottimizzazione dell’assistenza dei pazienti affetti da RDS.
Tale TIN è nota per la sua straordinaria capacità di gestione della RDS neonatale mediante supporto respiratorio non invasivo (in particolare con la bubble-CPAP) (9). Ripercorriamo queste strategie per valutarne l'applicabilità anche nelle nostre TIN.
È importante innanzitutto che il “device” (dispositivo) per erogare la CPAP abbia le seguenti caratteristiche (8):
Inoltre grande attenzione va posta all’interfaccia nasale. Infatti le mascherine nasali, benché teoricamente meno traumatiche, non sono facili da fissare e quindi spesso non riescono a mantenere adeguatamente la pressione impostata. Al contrario, le nasal prongs binasali (es. Hudson, Argyle e INCA), risultano più performanti nel garantire il livello pressorio impostato, anche se spesso possono causare lesioni nasali se non adeguatamente fissate.
Per ridurre il lavoro respiratorio (Work of Breathing - WOB), i dispositivi a flusso variabile per erogare la CPAP (es. Infant Flow-Driver-Electro Medical Equipment o l’Arabella Generators-Hamilton Medical) sono stati disegnati in modo da garantire, in inspirazione, un supporto di flusso proporzionale allo sforzo del paziente e consentire al flusso espiratorio di invertire la direzione del flusso erogato dagli iniettori, indirizzandolo verso la linea espiratoria del circuito. Questo effetto aerodinamico è chiamato effetto Coanda e, in modelli sperimentali o in piccoli studi su neonati pretermine, sembra portare a una buona riduzione del WOB (10). Tuttavia questo risultato non è stato confermato in RCT più ampi.
Nella pratica clinica vengono utilizzati non solo i dispositivi per CPAP a flusso variabile, ma anche quelli a flusso costante. Tra questi la forma più semplice e più diffusa in neonatologia è la Bubble-CPAP (Fisher & Paykel) che richiede l’erogazione di un flusso costante, nasal prongs per il paziente, la creazione di un flusso in opposizione e di una pressione che si genera attraverso l’immersione dell’estremità distale del tratto espiratorio del circuito a distanze prestabilite al di sotto della superficie liquida. Alcuni Autori hanno dimostrato che la Bubble-CPAP garantisce un buon bilancio gas-analitico in modelli ovini di RDS (11) e che la CPAP a flusso variabile (es. Infant flow) rispetto alla CPAP erogata con ventilatori a flusso costante riduce la durata del supporto respiratorio, dell’ossigeno-dipendenza e del lavoro respiratorio, nonché la durata della degenza in ospedale, pur non essendo in grado di ridurre il fallimento e la necessità di ventilazione meccanica negli ELBW (Extremely Low Birth Weight) infants (12,13).
Tabella 1.
Trial clinici randomizzati che hanno confrontato l’applicazione precoce o profilattica della CPAP con intubazione e surfattante (8).
In letteratura sono presenti 5 RCT (Tabella 1) che hanno confrontato l'applicazione precoce o profilattica della CPAP con intubazione e surfattante. Fatta eccezione per lo studio di Tapia et al. (14), tutti i neonati arruolati erano <30 settimane di età gestazionale.
I nostri colleghi della Columbia University suggeriscono che la marginale superiorità dell’approccio con N-CPAP in termini di BPD o mortalità rispetto all'approccio intubazione + surfattante (29.2% vs 33.5% rispettivamente) derivante dall’analisi dei 5 RCTs è sostanzialmente dovuta al non adeguato utilizzo della CPAP per i seguenti motivi:
scarsa esperienza di alcuni centri nell’utilizzo della N-CPAP;
scelta di una soglia di ossigeno utile per decretare l’insuccesso della N-CPAP più bassa (FiO2 tra il 40 e il 60%) di quella utilizzata alla Columbia (FiO2 >60%);
una durata della VM troppo corta (in media <2 settimane) per essere usata come fattore predittivo per la BPD;
l’utilizzo di differenti device per erogare la N-CPAP.
Riportando la loro esperienza, i colleghi della Columbia University ricordano l’importanza di un periodo più o meno lungo necessario ai medici e, soprattutto, agli infermieri per acquisire una buona dimestichezza all’uso della N-CPAP (“learning curve”).
Alla Columbia University si prova a usare la N-CPAP su tutti i neonati con respiro spontaneo e con RDS e si controlla l’eventuale fallimento nelle prime 72 ore di vita. Il fallimento viene definito quando è raggiunta una FiO2 >60% o ci sono segni di necessità clinica di intubazione tracheale (acidosi respiratoria con pH <7.20 e pCO2 >65 mmHg o crisi frequenti di apnea che richiedono ventilazione manuale).
Nella loro esperienza il successo della N-CPAP è correlato in maniera proporzionale all’età gestazionale e inversamente proporzionale alla severità della RDS. Inoltre si associa a una bassissima incidenza di BPD (4.2%) nel gruppo trattato con successo con la N-CPAP (15).
Rimangono dei dubbi sul limite di FiO2 (>60%) scelto dalla Columbia University per decidere di intubare e somministrare il surfattante. È infatti in controtendenza rispetto a quanto segnalato da Dargaville et al. e cioè che un limite di FiO2 superiore al 30% è associato di solito ad insuccesso della N-CPAP e a BPD (7). Ricordiamo inoltre che nel COIN trial (16), la scelta di intubare i neonati e sottoporli a terapia con surfattante solo al raggiungimento di una CPAP level >8 cm H2O e una FiO2 >60% si è associata ad un significativo aumento di frequenza dei casi di pneumotorace. Si corre il rischio, infatti, di sottostimare la pressione transpolmonare a cui vengono sottoposti i neonati con un alto rischio di danno polmonare.
Probabilmente è stata la strategia globale a premiare i colleghi della Columbia University nel successo della N-CPAP e, pertanto, ripercorriamo quelli che sono gli “aspetti pratici” da loro individuati per aumentare il successo dell’approccio non invasivo.
Scelta appropriata delle dimensioni delle prongs
Né troppo piccole (alte resistenze, lesioni del setto), né troppo grandi (l’impallidimento delle narici indica elevata pressione di divaricazione da prongs troppo grandi). Le prongs nasali devono essere applicate nelle narici con la porzione curvilinea rivolta in basso a 45° rispetto al viso del neonato. Al loro primo inserimento le prongs vanno umidificate con acqua sterile o soluzione salina.
Accurato fissaggio delle prongs e frequente controllo del sistema che eroga la CPAP
Il sistema di fissaggio al capo (con cuffietta e laccetti) deve essere di taglia adeguata per fissare bene il circuito e ridurre le tensioni al viso e al naso del paziente. La cuffietta andrebbe posizionata in modo tale che la porzione frontale sia al di sopra delle sopracciglia e la laterale al di sopra delle orecchie. Qualora si usi la bubble-CPAP, i due tubi (inspiratorio ed espiratorio) saranno fissati ai lati del cappellino. Non bisogna creare tensioni e pressioni sul naso (in particolare sul setto nasale) e sul viso. Il sistema della CPAP va frequentemente controllato, per evitare irritazione delle vie aeree e l’anomala formazione di secrezioni. Il circuito va cambiato settimanalmente.
Ottimizzazione delle pressioni di erogazione della CPAP con succhiotti e mentoniere
Un piccolo rotolino di materiale antidecubito può essere posizionato dietro il collo per prevenire la flessione del collo e l’ostruzione delle vie aeree. Talvolta può essere utile applicare una mentoniera o un succhiotto per tenere chiusa la bocca e mantenere la pressione positiva nelle vie aeree.
La cura del neonato e del suo decubito in corso di N-CPAP
Le cavità nasali, l’orofaringe e lo stomaco dovrebbero essere gentilmente aspirate ogni 3-4 ore per migliorare la ventilazione e ridurre la distensione addominale. Nell’effettuare queste aspirazioni delle cavità orali e nasali, prima di rimuovere le prongs, gli occhi del neonato andrebbero coperti con una garzina asciutta per impedire il rischio di contaminazione da parte delle secrezioni nasali. La posizione del neonato va cambiata ogni 3 ore. Non ce n’è una preferenziale, l’importante è che si controlli sempre che non ci sia pressione sul setto nasale o trazioni anomale del circuito respiratorio.
Evitare la distensione gastrica
Posizionare un sondino nasogastrico per svuotare o detendere lo stomaco (si riduce così la pressione esercitata sul diaframma, migliorando l’espansione polmonare). L’aspirazione dello stomaco andrebbe fatta ogni 3 ore se il neonato non è in enterale continua o prima di ogni pasto. La posizione del tubo e la sua pervietà vanno controllate ogni 12 ore.
La suzione al seno e lo skin-to-skin durante la N-CPAP
I neonati in N-CPAP possono essere alimentati al seno, per gavage o per enterale continua se clinicamente stabili. Se hanno una suzione valida e coordinata, senza segni di dispnea e con una frequenza respiratoria stabile la suzione al seno e lo skin-to-skin devono essere incoraggiati, per favorire il bonding parentale (17).
Lo svezzamento dalla N-CPAP
Con il miglioramento clinico della RDS, la FiO2 dovrebbe essere progressivamente abbassata con decrementi di 0.02-0.05, lasciando stabile il valore di CPAP per garantire il target di SpO2. Una volta raggiunto un valore di FiO2 pari al 30%, in assenza di segni clinici di distress respiratorio o apnea, si può cominciare a pensare di sospenderla. Questo avverrà lasciando il neonato con ossigeno a flusso libero o alti flussi, monitorando la comparsa di segni di distress cardiorespiratorio, per riprendere eventualmente di nuovo la CPAP. Un recente trial multicentrico che ha comparato due modalità di sospensione della CPAP (sospensione veloce vs lenta, nel giro di qualche giorno) ha dimostrato che la sospensione veloce aiuta a ridurre i tempi di durata della CPAP, dell’ossigenoterapia, della degenza in ospedale e dell’incidenza di BPD (18).
Come identificare e prevenire il fallimento della N-CPAP
Il fallimento della CPAP può avvenire sia durante la fase acuta della RDS che durante lo svezzamento. Nel primo caso quando la necessità di FiO2 è elevata o si verifica un’acidosi respiratoria (pH <7.2 e pCO2 >65 mmHg), il neonato passa dalla N-CPAP alla ventilazione meccanica. Prima di ricorrere all’intubazione tracheale, bisogna valutare le condizioni cliniche del neonato per verificare se concordano realmente con il bilancio gas analitico. Ad esempio va verificato: che le prongs non siano impropriamente fissate e che non siano di diametro eccessivo; che non vi sia una eccessiva distensione gastrica o flessione del capo; la presenza di secrezioni nasali ostruenti; che il neonato non sia (o sia stato) soggetto ad eccessive manipolazioni che potrebbero averlo disturbato. Verificare inoltre il livello pressorio della CPAP: alcuni neonati beneficiano di aumenti della CPAP anche sino 8 cm H2O. In fase di weaning (svezzamento), l’insuccesso si può verificare o nei primi minuti di sospensione o nelle prime 12-24 ore. Se il neonato presenta molte crisi di apnea e bradicardia o ricomparsa del distress repiratorio, la N-CPAP va ripresa.
Un tentativo di passaggio dalla N-CPAP a un livello superiore di assistenza respiratoria non invasiva (es. bi-level N-CPAP o una N-IPPV meglio ancora se sincronizzata come N-SIPPV) potrebbe essere tentato prima di intubare il neonato e passarlo in VM.
Infine sono di aiuto anche i suggerimenti fatti da A. Kribs e H. Hummler (20) relativamente alle terapie ausiliarie per aumentare l’efficacia della N-CPAP.
Infatti dato che il collasso alveolare è prevenuto in gran parte dalla presenza del surfattante endogeno di cui il neonato pretermine è spesso carente, per evitare il fallimento della N-CPAP è necessario “un intervento ponte” in attesa di una sufficiente produzione endogena di surfattante o fino a quando la terapia con surfattante esogeno possa essere somministrata. I due Autori intravedono nella combinazione tra l’approccio respiratorio non invasivo e la somministrazione di surfattante esogeno nonché della profilassi-terapia con caffeina l’intervento ponte ideale per ridurre la necessità di intubazione tracheale, VM e danno polmonare.
Per la somministrazione del surfattante vengono indicate oltre all’INSURE (INtubation-SURfactant-Extubation) anche le modalità minimamente invasive (19), di cui però alcune ancora poco investigate (somministrazione faringea) o ancora poco utilizzate per limiti tecnici o di casistica (nebulizzazione, maschera laringea) ma al contempo estremamente interessanti e promettenti nel futuro (Tabella 2).
Tabella 2.
Caratteristiche degli studi inclusi (19).
La tecnica di somministrazione del surfattante in trachea, previa visione laringoscopica della glottide con un catetere di piccole dimensioni in neonati con respiro spontaneo supportati solo dalla N-CPAP, fu effettuata per la prima volta da Verder nel 1992 (21). Tale tecnica è attualmente molto promettente anche in neonati estremamente prematuri. La metodica sembra essere seguita in molti casi da una riduzione non solo della VM, ma anche, in alcuni casi, di BPD o sequele maggiori (es. emorragia intraventricolare - IVH - o morte) (22).
L’uso della caffeina per la stimolazione del respiro è ben conosciuta, ma un suo utilizzo molto precoce (magari anche in sala parto, come fatto nello studio pilota CABAB, non ancora pubblicato, su neonati <30 settimane) potrà forse essere in futuro un ulteriore ottimo presidio per ridurre il fallimento della N-CPAP.
Nel nostro protocollo di assistenza respiratoria, la prima dose di caffeina, come profilassi, viene fatta poco dopo l’ingresso del neonato in TIN. D’altronde questo approccio è già utilizzato nel 37% dei casi nelle TIN nazionali ed estere, come rilevato da un recente lavoro (23).
In Tabella 3, è riassunto l’approccio usato nella nostra TIN in caso di nascita di un neonato gravemente pretermine e a rischio di RDS.
Tabella 3.
Protocollo di supporto respiratorio iniziale al neonato pretermine ad alto rischio di RDS (es. <28 settimane di età gestazionale) utilizzato presso l'ospedale dei Bambini "V. Buzzi" Milano.
Conclusioni
Le recenti indicazioni dell’American Academy of Pediatrics (AAP) di un uso precoce della N-CPAP e l’uso selezionato del surfattante sono una strategia basata sull’evidenza. Possiamo quindi nelle nostre TIN usare la N-CPAP in tutte le età gestazionali, tenendo conto che sotto le 26 settimane la probabilità di successo della nCPAP è ridotta. Una somministrazione precoce di surfattante (sotto le 3 ore dalla nascita) e a soglia bassa di FiO2 (intorno al 30%), sia tramite la tecnica INSURE che con modalità minimamente invasiva (come ad es. la Less Invasive Surfactant Administration - LISA con sondino in corso di respiro spontaneo), è un’opzione utile per aumentare il successo della N-CPAP. La caffeina somministrata precocemente e unita a una cura individualizzata della gestione del supporto respiratorio non invasivo da parte del personale medico e infermieristico, possono ridurre il fallimento della N-CPAP e la necessità di ricorrere alla VM.
N. 13/2017 - MedTOPICS - Periodico Quindicinale
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