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Gli anti-epilettici in gravidanza: le raccomandazioni delle Linee guida aggiornate

Recenti linee guida dell’American Academy of Neurology, dell’American Epilepsy Society e della Society for Maternal-Fetal Medicine, basate su 82 studi (2007-2022), segnalano l’importanza che nelle donne con epilessia in gravidanza i farmaci antiepilettici prescritti debbano ottimizzare il controllo delle crisi e gli outcome per il feto.


Premessa1

In molti casi, l’esposizione in utero ai farmaci anti-epilettici può associarsi ad aumentati rischi per il feto.

L’Accademia Americana di Neurologia (AAN), insieme all’Associazione Americana sull’ Epilessia (AES) e all’Associazione sulla Salute Materna e Fetale (SMFM), hanno pubblicato un aggiornamento delle precedenti Linee guida risalenti al 2009 sulla base di una revisione - da parte di un Panel multidisciplinare - dei dati provenienti da 82 studi pubblicati dal 2007 al 2022 inerenti l’uso di anti-epilettici in gravidanza.

In tali Linee guida pratiche sono state aggiornate le conclusioni e le raccomandazioni basate sull’evidenza, con l’obiettivo di fornire una guida alla scelta dei farmaci anti-epilettici in mono- o politerapia in donne con epilessia in gravidanza o potenzialmente gravide.

Sintesi delle raccomandazioni aggiornate1

Durante la gravidanza, i medici devono minimizzare i rischi d’insorgenza di crisi convulsive tonico-cloniche generalizzate o tonico-cloniche focali-bilaterali.

I medici dovrebbero raccomandare anti-epilettici a dosaggi che ottimizzino sia il controllo delle crisi sia gli outcome del feto, tenendo conto delle preferenze della donna.

La scelta del farmaco e del dosaggio dovrebbe essere intrapresa quanto prima, possibilmente prima del concepimento.

Se la donna è già incinta, i medici devono prestare cautela nell’interrompere o sostituire un farmaco anti-epilettico dimostratosi efficace nel controllo delle crisi tonico-cloniche generalizzate o delle crisi tonico-cloniche focali-bilaterali; ciò anche se tale farmaco non rappresenta una scelta ottimale alla luce dei rischi per il feto (come nel caso dell’acido valproico).

I medici dovrebbero informare le pazienti che sono disponibili dati limitati sugli outcome legati all’impiego in gravidanza dei seguenti farmaci: acetazolamide, esclicarbazepina, etosuccimide, lacosamide, nitrazepam, perampanel, piracetam, pregabalin, rufinamide, stiripentolo, tiagabina o vigabatrin.

In quanto farmaci associati ad un minor rischio di malformazioni congenite maggiori in monoterapia, nelle donne in gravidanza i medici dovrebbero prendere in considerazione l’utilizzo - quando appropriato - di lamotrigina, levetiracetam od oxcarbazepina sulla base della sindrome epilettica, della probabilità di ottenere il controllo delle crisi e delle comorbilità.

Se possibile, i clinici dovrebbero evitare di utilizzare l’acido valproico nelle donne gravide o potenzialmente gravide per ridurre il rischio di malformazioni congenite maggiori all’apparato urogenitale o difetti del tubo neurale; analogamente dovrebbe essere evitato l’uso di fenobarbital e topiramato per il rischio di malformazioni cardiache.

Se possibile, i clinici dovrebbero evitare nelle donne gravide o potenzialmente gravide l’utilizzo di acido valproico o topiramato per minimizzare il rischio di nascituri piccoli per l’età gestazionale e di scarsi outcome nello sviluppo neurologico dei bambini.

Se possibile, i clinici dovrebbero evitare l’utilizzo di acido valproico nelle donne gravide o potenzialmente gravide per ridurre il rischio di problemi nello sviluppo neurologico del nascituro, incluso l’autismo e le capacità intellettive ridotte. In merito a tale rischio è necessario informare le donne gravide che desiderassero iniziare o proseguire il trattamento con acido valproico.

La supplementazione con acido folico - sia prima del concepimento che durante la gravidanza - determina outcome favorevoli nello sviluppo neurologico dei bambini nati da donne che assumono anti-epilettici: l’assunzione di almeno 0,4 mg/die di acido folico si associa difatti a meno difetti congeniti del tubo neurale, a una riduzione dei tratti autistici a 3 anni e ad un quoziente intellettivo più alto (mediamente di 6 punti) a 6 anni.

Bibliografia
    1. Pack Am et al. Teratogenesis, perinatal, and neurodevelopmental outcomes after in utero exposure to antiseizure medication. Neurology 2024; 102: e209279. Doi:10.1212/WNL.0000000000209279.