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Newsletter ottobre 2019

Le pubblicazioni selezionate per questo numero sono lo studio IDEAS, sulla valutazione dell’utilità clinica della PET con amiloide nel management di pazienti con deficit cognitivi, e uno studio sull’ottimizzazione delle strategie di prevenzione del declino cognitivo in questi pazienti. I lavori sono stati pubblicati, rispettivamente, su The Journal of the American Medical Association (JAMA) (2019)1 e su Nutrients (2019)2

Da un precedente studio di Hellwig S et al.3 è emerso che uno dei principali vantaggi dell’impiego della PET amiloide nel management dei pazienti con deficit cognitivo è l’aumento significativo dell’accuratezza della diagnosi in questi soggetti.  



Pazienti con deficit cognitivo: Imaging PET amiloide e cambio del management clinico

La PET amiloide è risultata uno degli strumenti diagnostici più affidabili nella valutazione in vivo dei pazienti con sospetta malattia di Alzheimer (AD)1, rispetto ai criteri clinici e ai test neuropsicologici, che hanno riportato una sensibilità e una specificità limitata in confronto all’esame post-mortem1

Rabinovici e colleghi hanno pubblicato su JAMA i risultati dello studio IDEAS (Imaging Dementia-Evidence for Amyloid Scanning) sui vantaggi dell’impiego della PET amiloide nella valutazione di pazienti affetti da disturbi cognitivi1


L’importanza dello studio IDEAS

Lo studio IDEAS, longitudinale e multicentrico, su larga scala, è stato condotto negli Stati Uniti su pazienti di età pari o superiore a 65 anni, con una diagnosi confermata di deficit cognitivo lieve (MCI) o demenza1. Un totale di 946 specialisti in 595 centri statunitensi ha arruolato 16.008 pazienti tra febbraio 2016 e settembre 20171. I pazienti sono stati seguiti fino a gennaio 2018. I neurologi partecipanti hanno riportato i dati della diagnosi e del management dei loro pazienti prima e dopo 90 (±30) giorni dalla PET amiloide1

L’importanza dello studio IDEAS risiede: nella numerosità della coorte studiata (11.409 soggetti hanno completato il protocollo); nel numero di medici e di centri coinvolti4. Sia gli specialisti che i pazienti hanno riportato valutazioni positive sull’utilizzo della PET amiloide nella pratica clinica4

Per l'endpoint primario composito di questo studio, cambio del management del paziente dopo la PET amiloide, sono stati considerati i seguenti parametri: 


Risultati: Impatto della PET amiloide su diagnosi e management

• La PET amiloide è risultata positiva: 
   - nel 55,3% di pazienti con diagnosi clinica di MCI 
   - nel 70,1% di pazienti con diagnosi di demenza 
   - nel 63,8 % dei casi dei pazienti con una diagnosi pre-PET di malattia di Alzheimer1

• I risultati della PET con amiloide hanno portato di conseguenza al cambio del management
   - nel 60,2% di pazienti con MCI 
   - nel 63,5% di pazienti con demenza (Tabella 1), superando significativamente il valore soglia prefissato (cambio minimo maggiore del 30,0 %) in ciascun gruppo1
• I risultati della PET amiloide hanno portato ad un cambio di diagnosi eziologica da demenza di Alzheimer a demenza non-Alzheimer in 2.860 pazienti (25,1%), e viceversa si è passati da una diagnosi di non-Alzheimer ad una di Alzheimer in 1.201 soggetti (10,5%)1

I Medici hanno riferito che i risultati della PET hanno contribuito in modo sostanziale al cambio di management del paziente nell’85,2% dei casi in cui è stata apportata almeno una modifica (Tabella 1)1.

Tabella 1. Risultati dell’endpoint composito dello studio  

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a=P <0,001; b= analisi post hoc; c= Include farmaci per disturbi cognitivi, dell’umore e del comportamento e farmaci utilizzati per trattare altre condizioni neurologiche o ridurre i fattori di rischio della demenza

Il cambio del management composito dopo la PET amiloide

Il cambio del management ha interessato soprattutto la scelta del trattamento farmacologico per il trattamento della demenza di Alzheimer, che è cambiata nel 43,6% di pazienti con MCI e nel 44,9% dei pazienti con demenza (Tabella 1)1

Nei pazienti con PET amiloide positiva, l’impiego complessivo dei farmaci per la malattia di Alzheimer è passato dal 40,4% al 81,5% nel gruppo con MCI, e dal 63,2% al 91,2% nel gruppo con demenza (Figura 1)1

Cambiamenti in tutti gli aspetti del management si sono riscontrati in percentuale maggiore nei casi con PET amiloide positiva, rispetto a quelli con PET amiloide negativa. 

In proporzione, la diagnosi di Alzheimer è passata da una percentuale dell’80,3% (pre-PET) ad una di 95,5% (post-PET) in pazienti con PET amiloide positiva, mentre è percentualmente diminuita dal 71,5% (pre-PET) al 10,2% (post-PET) nei pazienti con PET amiloide negativa, con una riduzione significativa dei falsi positivi1.  

Figura 1. Cambiamenti nell'uso complessivo dei farmaci per la malattia di Alzheimer


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Tutte le differenze tra pre-PET e post-PET sono statisticamente significative (P<0,001). Le barre di errore indicano IC al 95%.

Profilo dei pazienti a rischio e maggiore accuratezza della diagnosi

Nello studio IDEAS gli elementi principali del management clinico sono variati in seguito all’impiego della PET amiloide. 

Lo studio IDEAS rappresenta un primo importante passo nel delineare il profilo complessivo dei biomarcatori per un soggetto con deficit cognitivo4.

I risultati dello studio mostrano che una diagnosi più accurata grazie ad una migliore conoscenza dell'eziologia dei deficit cognitivi, fornita dalla PET amiloide, faciliti il Medico nel management clinico del paziente4. Il cambio più frequente del management ha riguardato la prescrizione di farmaci per la malattia di Alzheimer, direttamente collegata alla conoscenza dell’eziologia del deficit cognitivo4.  

In questo studio è stato anche riscontrato che la maggior parte dei pazienti con PET amiloide negativa aveva una diagnosi pre-PET di AD. La diagnosi inaccurata e i relativi trattamenti sarebbero perdurati nel tempo se non fosse stata utilizzata la PET amiloide1.

La PET amiloide dunque aumenta l’accuratezza della diagnosi3 permettendo un’ottimizzazione della scelta terapeutica e una migliore gestione delle risorse nel management clinico del paziente. 

Inoltre, la PET amiloide può essere un valido strumento diagnostico nell’identificare i pazienti a maggior rischio di disturbo cognitivo e nell’impostare piani di prevenzione. A questo proposito, uno studio pubblicato da Wesselman e colleghi ha dimostrato che nell’ambito della prevenzione esiste una correlazione tra il quadro clinico dei soggetti con disturbi cognitivi e il loro regime dietetico2

In particolare, è emerso che tra i pazienti affetti da disturbo cognitivo soggettivo (SCD): 

Non è emersa, infine, nessuna correlazione significativa tra disturbi cognitivi e una dieta a basso contenuto di pesce e alcool2.

Ulteriori studi hanno confermato i risultati riportati da Wesselman, mettendo in evidenza una relazione tra il consumo di alimenti specifici e diversi disturbi neurocognitivi (es. demenza, deficit cognitivo)2,5

In particolare, pazienti ad alto rischio cardiovascolare, dopo 6,5 anni di intervento nutrizionale con dieta mediterranea hanno mostrato una migliore performance cognitiva globale, rispetto ai controlli5. I regimi dietetici con l’apporto di diversi nutrienti esercitano sinergie e risultano quindi più efficaci, rispetto ai singoli interventi nutrizionali, nella prevenzione dei disturbi cognitivi2.

Sembrerebbe che la prescrizione di regimi dietetici specifici sia legata alla neuroprotezione, che ridurrebbe il rischio di sviluppare un disturbo cognitivo in grado di evolvere in demenza, sia dovuta a malattia di Alzheimer5 o ad altre cause. Tuttavia, ulteriori studi sono necessari per chiarire la relazione tra l’alimentazione e le funzioni dei pazienti affetti da disturbi neurocognitivi2.

Conclusioni:

Alla luce dei risultati prodotti dallo studio IDEAS1, l’impiego della PET amiloide ha un impatto significativo sulla gestione clinica a breve termine dei soggetti con deficit cognitivo4. Ciò può tradursi in un management più appropriato4 che comprende interventi farmacologici e non farmacologici (lifestyle, interventi nutrizionali ecc.) i quali, come dimostrano le evidenze disponibili, svolgono un ruolo chiave nella prevenzione delle malattie cognitive e nell’allocazione ottimale delle risorse.

Bibliografia 
1. Rabinovici GD, Gatsonis C, Apgar C et al. Association of Amyloid Positron Emission Tomography With Subsequent Change in Clinical Management Among Medicare Beneficiaries With Mild Cognitive Impairment or Dementia. JAMA. 2019; 321(13):1286-1294. 
2. Wesselman LMP, Doorduijn AS, de Leeuw FA et al. Dietary Patterns Are Related to Clinical Characteristics in Memory Clinic Patients with Subjective Cognitive Decline: The SCIENCe Project. Nutrients, 2019; 11(5). pii: E1057. 
3. Hellwig S, Frings L, Bormann T et al. Amyloid imaging for differential diagnosis of dementia: incremental value compared to clinical diagnosis and [18F] FDG PET. Eur J Nucl Med Mol Imaging 2019; 46(2):312-323
4. Jack CR, Petersen RC. Amyloid PET and Changes in Clinical Management for Patients With Cognitive Impairment. JAMA. 2019; 321(13):1258-1260. 
5. Morris MC, Tangney CC, Wang Y et al. MIND Diet Associated with Reduced Incidence of Alzheimer’s Disease. Alzheimers Dement. 2015; 11(9): 1007–1014.


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