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Cisti parapelviche, una caratteristica distintiva della malattia renale nel Fabry


Commento al lavoro del Prof. Pisani

La Malattia di Fabry (FD) è un disordine da accumulo lisosomiale progressivo e multisistemico, provocato da un difetto nel gene che codifica l’enzima α-galattosidasi A (α-Gal A). La parziale o completa carenza di attività di questo enzima lisosomiale determina l’incapacità di scindere alcuni glicosfingolipidi e costituisce la causa primaria della patologia, provocando l’accumulo progressivo di substrato a livello intralisosomiale in vari tipi di cellule. Sono particolarmente interessate da questo processo le cellule dell’endotelio vascolare di diversi organi, a rischio di ischemia ed infarto tissutale, come rene, cuore e SNC. Pertanto, la FD può colpire i reni portando progressivamente la malattia renale allo stadio terminale (ESRD), che si traduce in una prognosi peggiore. La valutazione completa della FD, specialmente nel campo della nefrologia, è di fondamentale importanza per la diagnosi precoce e la selezione di un’adeguata gestione terapeutica. Il coinvolgimento renale è multifattoriale. L’accumulo progressivo di GL3, che si verifica in tutti i tipi di cellule renali, maggiormente nei podociti, porta al danno istologico, al rilascio di mediatori infiammatori, all’aumento dello stress ossidativo e alla regolazione positiva dell’espressione della molecola di adesione. Sebbene le Cisti Parapieliche (PC) siano riportate nei pazienti con malattia di Fabry, poco chiaro è il loro significato e la loro prevalenza. Nel lavoro multicentrico “Parapelvic cysts, a distinguishing feature of renal Fabry disease” condotto dal Prof. Pisani si è cercato di identificare nuove caratteristiche chiave dell’imaging diagnostico renale del­­- la FD su una coorte nazionale multicentrica di pazienti di entrambi i sessi, selezionati solo sulla base della presenza di indagine US nel loro report clinico.

Il suddetto studio si poneva una duplice finalità: In entrambi gli studi ciascun paziente con FD è stato confrontato con un soggetto della stessa età e funzione renale.

Risultati

Nello Studio 1 (retrospettivo) non c’era differenza tra i due gruppi in termini di dati demografici e clinici, parametri laboratoristici, fuorché una lieve differenza di distribuzione dei due sessi. Le cisti renali, sia pelviche che corticali, erano presenti in 76 pazienti con FD (43,9%): PC in 28,9%, cisti corticali 15%, in 12 di loro (6,9%) erano presenti sia PC che cisti corticali (Tabella 1). Nel gruppo di controllo la prevalenza delle cisti renali era molto più bassa (13,2%), con la presenza di PC in soli 2 soggetti (1,1%, p<0,001 versus i pazienti con FD) (Tabella 1).


Nessuna correlazione era stata riscontrata tra la presenza di PC ed altri parametri clinici, demografici e parametri biochimici. Infine, non vi era differenza significativa in termini di età, genere, attività GLA, tipo di mutazione genetica, coinvolgimento CV e proteinuria tra i pazienti affetti da FD con o senza PC.

Nello Studio 2 (trasversale) i 67 pazienti selezionati non differivano in modo statisticamente significativo nelle caratteristiche cliniche e demografiche rispetto ai controlli. Inoltre, sottoponendo gli stessi ad indagini ultrasonografiche di maggiore precisione e, confrontando i risultati retrospettivamente con i primi dati dello studio, emergeva una frequenza globale di cisti renali leggermente più alta (65,7% versus 49,2%, non significatività statistica), dovuta ad un riscontro di PC significativamente superiore al dato emerso in precedenza (43,3% versus 29,8%, p<0,05) (Tabella 2).

Non c’era invece differenza nel riscontro di altre anomalie urinarie con la nuova ultrasonografia (US). La presenza di PC e cisti corticali era già evidente in giovane età, mentre non si constatava alcuna differenza tra i due sessi. Infine, non vi era correlazione statistica tra la presenza di PC e altri parametri demografici e clinici.

Evidenze dello Studio di Pisani et al.

In questo studio nazionale multicentrico Pisani et al. hanno, pertanto, dimostrato come la prevalenza di PC osservata durante un esame ecografico di routine sia significativamente più elevata nei pazienti con FD (29%) rispetto ad una popolazione controllo di nefropatici con medesime età e funzione renale (1,1%), e aumenti ulteriormente (43%) migliorando l’accuratezza dell’US. Nello studio di Pisani si confermano i dati preliminari riportati alcuni anni fa da Ries et al. (1), in uno studio caso-controllo trasversale sul coinvolgimento renale di 24 pazienti maschi con FD in cui, ad una valutazione prospettica di imaging renale con CT e MRI, si riscontrava la presenza di PC nel 50% di loro. Ma a differenza dello studio di Ries, condotto su un esiguo campione di soli pazienti maschi, lo studio italiano veniva effettuato su una più ampia coorte nazionale di pazienti di entrambi i generi, selezionati esclusivamente in base alla presenza di indagine ecografica renale nel loro report clinico. Questo approccio ha permesso di analizzare i dati di una popolazione eterogenea di pazienti con FD e diversa età, coinvolgimento d’organo e/o mutazioni genetiche, trattati o meno con terapia enzimatica (ERT). Sebbene la prevalenza di PC nello Studio 1 retrospettivo fosse inferiore a quella riportata da Ries (29% vs 50%), nello Studio 2 il dato migliorava al 43,3%. Inoltre, a differenza della popolazione generale, dove la presenza di cisti è rara sotto i 50 anni, nello studio di Pisani il riscontro di cisti renali è già evidente in giovane età e non vi è differenza tra i due sessi. Questo risultato è in linea con lo studio di Glass et al. (2) condotto su pazienti con FD (76 maschi affetti dalla malattia classica, 40 femmine portatrici della forma classica), la cui però prevalenza di PC era più bassa (14,5%). In conclusione, lo studio multicentrico del Prof. Pisani conferma l’alta prevalenza di PC nella popolazione FD e suggerisce che il semplice riscontro ecografico di PC in pazienti con diagnosi di IRC ad eziologia incerta dovrebbe orientare i nefrologi ed i radiologi ad eseguire uno screening diagnostico mirato ad escludere la FD. Il secondo risultato rilevante dello studio è la mancata associazione statistica tra PC e dati demografici, clinici e di laboratorio ed in particolare esclude una correlazione tra PC ed età anagrafica dei pazienti. Mentre poco chiara resta l’eziopatogenesi delle PC. Il possibile ruolo dei glicosfingolipidi nella patogenesi delle malattie cistiche renali ha permesso di ipotizzare un ruolo indiretto di GB3 nella formazione di PC in FD. Nonostante la non determinazione dei livelli di GB3 sia un limite dello studio di Pisani, si è potuto constatare indirettamente che l’entità dei GB3 non abbia un ruolo cruciale, proprio perché la prevalenza di cisti non differiva tra i pazienti con FD sotto ERT e soggetti non trattati (ruolo riconosciuto dell’ERT nel ridurre l’accumulo di GB3). Pur non considerando ad oggi la presenza di PC un segno patognomonico di FD, l’individuazione ecografica di cisti renali potrebbe consentirci una diagnosi precoce di Malattia di Fabry, ancora spesso sottodiagnosticata. Difatti, una migliore consapevolezza e la possibilità di avere specifici markers clinici potrebbe cambiare questo scenario e migliorare, in molti casi, la prognosi a lungo termine della malattia.

Bibliografia
  1. Ries M, Bettis KE, Choyke P, Kopp JB, Austin HA 3rd, Brady RO, Schiffmann R. Parapelvic kidney cysts: a distinguishing feature with high prevalence in Fabry disease. Kidney Int. 2004 Sep; 66(3):978-82.
  2. Glass RB, Astrin KH, Norton KI, Parsons R, Eng CM, Banikazemi M, Desnick RJ. Fabry disease: renal sonographic and magnetic resonance imaging findings in affected males and carrier females with the classic and cardiac variant phenotypes. J Comput Assist Tomogr. 2004 MarApr; 28(2):158-68.
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