Massimizzazione degli outcome clinici nel paziente con BPCO

La massimizzazione degli outcome clinici è un obiettivo che deve essere sempre perseguito nel trattamento della BPCO, una malattia cronica degenerativa in cui raramente il paziente è in condizioni talmente soddisfacenti da non richiedere ulteriori miglioramenti. La pratica clinica quotidiana conferma la tendenza a cercare di raggiungere outcome sempre migliori. A tale riguardo, uno studio che ha valutato se gli pneumologi seguono il documento GOLD nella prescrizione del trattamento per la BPCO (Corrado et al. Respiratory Medicine 2012; 106: 989-997) ha dimostrato una scarsa correlazione tra raccomandazioni e pratica clinica corrente. In particolare, nella real life il trattamento di combinazione è utilizzato anche negli stadi di minore gravità nei quali 1 paziente su 4 è trattato con più farmaci.

Gli outcome terapeutici da raggiungere devono essere condivisi e chiariti con il paziente; mentre per il medico possono essere rilevanti outcome come la misurazione della funzione polmonare, ed in particolare il volume espiratorio (FEV1), i biomarker e l’impatto socio-economico della patologia, gli outcome percepiti dal paziente sono rappresentati dalla dispnea (e quindi dalla capacità di esercizio), dalla qualità di vita, dalle riacutizzazioni e dalla mortalità.

Per quanto riguarda le strategie terapeutiche da impiegare per la massimizzazione degli outcome, va ricordato che il cardine del trattamento della BPCO è rappresentato dai broncodilatatori. In particolare, il documento GOLD 2014 raccomanda l’impiego di un antagonista a lunga durata d’azione dei recettori muscarinici (LAMA) o di un agonista long-acting dei recettori β2-adrenergici (LABA) per il sollievo sintomatologico in pazienti con BPCO stabile, relativamente più lieve (stadi GOLD A o B) e il trattamento con uno o più broncodilatatori per pazienti con BPCO da moderata a grave.

Una review dei dati aggregati di tre studi con indacaterolo, β2 su-agonista ultra-long-acting (Jones PW et al. Respiratory Research 2011; 12:161) ha esaminato la correlazione tra miglioramento della funzione polmonare, indicato dal miglioramento del FEV1, e modificazioni degli outcome riportati dal paziente. I risultati hanno dimostrato che più importanti miglioramenti del FEV1 si associano a maggiori benefici riportati dal paziente in un ampio range di outcome clinici; infatti, il miglioramento del FEV1 si traduce nel miglioramento della QoL, nella riduzione della dispnea, dell’uso dei farmaci al bisogno e delle riacutizzazioni.

I vantaggiosi risultati ottenuti dalla monoterapia con broncodilatatore lasciano ipotizzare la possibilità di massimizzare gli effetti della broncodilatazione mediante l’aggiunta di una molecola con un meccanismo di azione alternativo.

L’uso di due molecole con differenti meccanismi d’azione, risulta conveniente da un punto di vista farmacologico, in quanto può consentire sia di non aumentare il dosaggio del singolo broncodilatatore, riducendo al minimo il rischio di effetti avversi, sia di ottenere un effetto additivo o sinergico. La combinazione è in grado di apportare ulteriori benefici non solo rispetto all’impiego in monoterapia di ognuno dei due componenti, ma anche rispetto all’aumento del dosaggio di un singolo broncodilatatore.

Il documento GOLD suggerisce la duplice terapia LAMA/LABA come terapia alternativa per pazienti in stadio GOLD B–D. Entrambe le classi di broncodilatatori agiscono riducendo il tono della muscolatura liscia delle vie e aeree: i LABA stimolano i recettori β2-adrenergici, con un antagonismo funzionale alla broncocostrizione, i LAMA prevengono il legame dell’acetilcolina ai recettori muscarinici coinvolti nella contrazione della muscolatura liscia.

In particolare i LABA occupano ed attivano i recettori β2-adrenergici, accoppiati alla proteina G stimolatrice (Gs), che stimola l’adenilato ciclasi (AC), responsabile dell’incremento della concentrazione intracellulare del secondo messaggero cAMP, con conseguente attivazione della Protein-chinasi A (PKA) e broncodilatazione; il meccanismo d’azione dei LAMA consiste nel blocco del recettore M3, con blocco della formazione di IP3 (inositolo trifosfato) e DAG (diacilglicerolo) e dell’aumento degli ioni Ca intracellulari, che generano la broncocostrizione (Figura 1).

Inoltre, esiste un’interazione tra i due meccanismi di broncodilatazione: gli anticolinergici prevengono la desensibilizzazione dei recettori β2-adrenergici potenziando l’azione dei β2-stimolanti. Infatti, gli anticolinergici, bloccando i recettori muscarinici M3, inibiscono la trasduzione del segnale che, attraverso la stimolazione della proteina Gq e della fosfolipasi C, determina l’attivazione sequenziale del diacilglicerolo e della Protein-chinasi C, enzima che può fosforilare sia il recettore β2-adrenergico che la proteina Gs, disaccoppiando così due fondamentali componenti dell’apparato molecolare responsabile dell’azione dei β2-stimolanti (Figura 1).

 

FIGURA 1. Sinergismo tra il meccanismo d'azione di LABA e LAMA nella broncodilatazione

 

Un aspetto particolarmente importante nella scelta del trattamento broncodilatatore è la rapidità dell’effetto. È ben nota infatti la variabilità nell’arco della giornata dei sintomi della BPCO, che presentano una maggiore intensità in corrispondenza delle ore del mattino, compromettendo la capacità del paziente di svolgere anche attività semplici come lavarsi e asciugarsi. I sintomi mattutini sono stati identificati come particolarmente fastidiosi e possono contribuire ad uno scarso controllo complessivo dei sintomi; pertanto, la loro presenza esercita un impatto negativo sul funzionamento del paziente durante la giornata, riducendone la qualità di vita.

 


N.24/2015 - MedTOPICS - Periodico Quindicinale
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