Il paziente con cardiopatia ischemica cronica:
caratteristiche cliniche e obiettivi di trattamento
La cardiopatia ischemica è una patologia ad elevata prevalenza nei Paesi Occidentali (1).
Un’idea sulla prevalenza di cardiopatia ischemica cronica nel nostro Paese ci proviene dai dati dell’Osservatorio Nazionale delle Malattie Cardiovascolari (9712 pazienti); essi indicano che tra pregresso infarto e angina si può calcolare la presenza di questa patologia in quasi il 5% (circa il 4.8% nei maschi e il 4.3% nelle femmine) dei soggetti tra 35 e 65 anni, con dati che salgono all’11% -20% negli uomini e al 10% -15% delle donne oltre i 65 anni (Figura 1) (2).

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I pazienti con cardiopatia ischemica cronica possono essere in linea generale suddivisi nei seguenti sottogruppi:
1. Pazienti sintomatici con possibile angina pectoris stabile da sforzo, o suoi equivalenti
2. Pazienti asintomatici, ma con evidenza clinico-strumentale di pregresso infarto miocardico (da oltre 6 mesi)
3. Pazienti asintomatici, ma portatori di patologia ostruttiva coronarica accertata (ad es. pazienti già sottoposti a PCI o CABG) (da oltre 6 mesi).
Questa distinzione in sottogruppi va presa ovviamente con una certa elasticità, in quanto esiste indubbiamente la possibilità di sovrapposizione tra queste varie tipologie di pazienti.
L’angina stabile è molto più frequentemente osservata in ambito ambulatoriale che ospedaliero. Recenti dati italiani confermano l’impatto socioeconomico dell’angina in termini di accessi al Medico di Medicina Generale (MMG), con un notevole numero di contatti/paziente/anno (3). La persistenza di angina è comunemente osservata anche dopo una procedura di rivascolarizzazione, come dimostra l’elevato numero di pazienti che continuano ad assumere farmaci anti-anginosi e/o che riferiscono ancora angina.
Uno studio (4) ha infatti dimostrato che, in una popolazione di 1205 pazienti sottoposti con successo ad un intervento di rivascolarizzazione per angina e seguiti per 1 anno, al termine del follow up:
• ~ 60% - 80% dei pazienti continuano ad assumere farmaci anti-anginosi
• ~ 10% - 20% continuano a soffrire di angina.
In un altro studio (5) è stato stimato che, ad un anno di distanza dall’effettuazione di un intervento di rivascolarizzazione percutaneo (PCI), a scopo sintomatico o per il trattamento di un infarto miocardico acuto, la prevalenza complessiva di angina “residua” è pari al 26%. Questi dati trovano conferma nel fatto che, negli studi clinici che hanno valutato l’impiego di farmaci antianginosi prima e dopo gli interventi di rivascolarizzazione, è stato evidenziato che molti pazienti continuano ad assumere farmaci antianginosi anche a notevole distanza di tempo dalla procedura di rivascolarizzazione.
L’obiettivo del trattamento dovrebbe essere l’eliminazione completa, o quasi completa, del dolore anginoso, il ritorno alle normali attività e una capacità funzionale soddisfacente, con minimi effetti collaterali della terapia.
Tuttavia, occorre riconoscere che attualmente la sintomatologia anginosa continua ad essere un grave problema in molti pazienti con cardiopatia ischemica, nonostante l’implementazione della terapia medica e delle procedure di rivascolarizzazione.
Bibliografia
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N.5/2014 - MedTOPICS - Periodico Quindicinale
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