Brunetti Enrico, Falcone Yolanda, Grisoglio Enrica, Bo Mario
SCDU Geriatria e Malattie Metaboliche dell’Osso-Città della Salute e della Scienza-Molinette, Torino
La fibrillazione atriale (FA) è una delle più comuni aritmie. La sua incidenza e prevalenza aumentano con l’età, rappresentando un onere significativo per i servizi sanitari delle Nazioni occidentali [1,2].
La conseguenza più temuta della FA è l’ictus cardio-embolico, che rappresenta la causa di circa un terzo degli ictus ischemici negli anziani.
Secondo le attuali linee guida, la terapia anticoagulante orale (TAO) - che comprende gli antagonisti della vitamina K (AVK) e gli anticoagulanti orali diretti (DOAC) – è fortemente raccomandata nei pazienti con FA a medio-alto rischio embolico, definito come un punteggio ≥2 per i maschi e ≥3 per le femmine, nel CHA2DS2-VASc (Congestive heart failure/left ventricular dysfunction, Hypertension, Aged ≥75 years, Diabetes Mellitus, Stroke/transient ischemic attack/systemic embolism, Vascular Disease, Aged 65-74 years, Sex Category) Score [3].
Tuttavia, la TAO rimane ampiamente sottoutilizzata in diversi contesti clinici, soprattutto nei pazienti più anziani che, in ragione del loro maggiore rischio di ictus, potrebbero beneficiarne maggiormente [4-11].
Tra le principali ragioni del limitato utilizzo degli anticoagulanti orali in questi pazienti si citano spesso l’età avanzata, la percezione medica di un alto rischio di sanguinamenti correlato all’età e alle cadute, e le difficoltà nel monitoraggio delle terapie con AVK [4–7]. A queste ben note ragioni si aggiungono inoltre una scarsa conoscenza dell’entità del rischio di ictus e del bilancio rischio-beneficio della TAO nel paziente anziano, nonché della possibilità di prescririvere i DOAC anche nei pazienti più anziani non candidabili a terapia con AVK [12].
La predisposizione alle cadute rappresenta per molti medici una considerazione importante nella decisione di iniziare la TAO nel paziente anziano [13].
Uno studio di Gage et al. ha dimostrato che i pazienti in trattamento con AVK ad elevato rischio di cadute vanno più spesso incontro a emorragie intracraniche [14], ma questo fatto è oggetto di controversie [15]. In uno studio recente, i pazienti in TAO ad elevato rischio di cadute non mostravano un rischio significativamente aumentato di sanguinamenti maggiori [16].
In uno studio eseguito su pazienti del mondo clinico reale affetti da FA, una storia di cadute era relativamente poco frequente ma associata in maniera indipendente con un aumentato rischio di ictus/tromboembolismo, sanguinamento e mortalità, ma non di ictus emorragico in corso di TAO [17]. Una metanalisi relativa alla TAO in anziani ad elevato rischio di cadute concludeva che, considerando il rischio medio di ictus, un paziente in trattamento con AVK dovrebbe cadere all’incirca 300 volte all’anno affinché i rischi di un possibile sanguinamento superino i benefici dell’anticoagulazione [18]. In accordo con questi dati, le attuali linee guida non richiedono la valutazione del rischio di cadute nei pazienti candidati alla TAO [3].
Sebbene la TAO sia raccomandata nei pazienti ad alto rischio embolico indipendentemente dalle caratteristiche di durata della FA [3], numerosi studi suggeriscono che i pazienti con FA parossistica sono meno frequentemente trattati con anticoagulanti rispetto a quelli con FA permanente [6,7,19,20].
Il peso delle controindicazioni nel sottoutilizzo della TAO ha ricevuto finora scarsa attenzione. In un recente studio è stato osservato che le controindicazioni alla TAO sono frequenti, ma spesso soggettive. Infatti, tra di esse vengono spesso annoverate le cadute, un elevato rischio emorragico e la fragilità, che non rappresentano vere controindicazioni alla TAO [21]. In uno studio prospettico osservazionale eseguito su pazienti anziani ricoverati con FA, abbiamo osservato una prevalenza del 16% di controindicazioni maggiori alla TAO [6], mentre in pazienti con FA dimessi dalla Geriatria, la presenza di controindicazioni permanenti o temporanee alla TAO è stata riscontrata nel 24% dei casi [7]. Pertanto, il sottoutilizzo della TAO nei pazienti anziani non rappresenta necessariamente una cattiva pratica clinica, poiché in un numero significativo di casi potrebbe essere connesso a controindicazioni dovute alle comorbilità.
Difficoltà ad eseguire il monitoraggio periodico della coagulazione, necessario per gli AVK, sono state frequentemente indicate come un aspetto importante a sfavore della TAO nel paziente anziano. Tuttavia, la disponibilità dei DOAC dovrebbe rimuovere in maniera definitiva questo ostacolo, permettendo un maggior utilizzo della terapia anticoagulante in questi pazienti.
Sebbene le linee guida raccomandino l’uso della TAO indipendentemente dallo stato globale di salute [3], appare altamente probabile che nella pratica clinica quotidiana alcune caratteristiche peculiari dell’anziano - limitazioni fisiche e cognitive, scarsa autonomia, fragilità e ridotta aspettativa di vita - possano pesantemente influenzare l’atteggiamento prescrittivo del curante. Tuttavia, pochi studi hanno indagato la sottoprescrizione della TAO attraverso una valutazione multidimensionale geriatrica. Gli anziani “fragili” con FA ricevono meno frequentemente una terapia anticoagulante appropriata e, allo stesso tempo, sono quelli a maggior rischio di ictus embolico e morte [22]. In uno studio retrospettivo su 1.087 pazienti dimessi dalla Geriatria di un grande ospedale torinese, abbiamo osservato che la prescrizione della TAO era associata ad un miglior status funzionale, a livelli maggiori di emoglobina ed al rientro al domicilio rispetto ad una dimissione in struttura [7].
In uno studio prospettico su pazienti anziani con FA dimessi da reparti di Medicina Interna e Geriatria abbiamo osservato che un elevato tasso di comorbilità era negativamente associato con la prescrizione di TAO in pazienti che non presentavano controindicazioni all’anticoagulazione [6]. Quando è stato chiesto ai curanti di esplicitare le ragioni per cui non avevano prescritto la TAO, l’età avanzata, la ridotta aspettativa di vita stimata, le difficoltà nella gestione della terapia con AVK, la paura del sanguinamento e un bilancio rischio-beneficio sfavorevole erano le ragioni più frequentemente addotte [6].
Pilotto et al. hanno recentemente riportato che gli anziani classificati ad alto rischio di mortalità, in base allo score prognostico MPI-SVaMA (Multidimensional Prognostic Index - Scheda per la Valutazione Multidimensionale delle persone adulte e Anziane) [23], ricevevano meno frequentemente una terapia anticoagulante per la FA. Infine, Mazzone et al., in uno studio retrospettivo su pazienti anziani con FA dimessi da una Geriatria di Monza, hanno osservato che la non prescrizione della TAO era riconducibile ad un insieme di variabili cliniche e geriatriche, tra le quali lo status funzionale era particolarmente rilevante, espressione di ridotta spettanza di vita [24].
Senza dubbio la prescrizione di anticoagulanti nei pazienti anziani rappresenta una decisione difficile, che comprende una valutazione globale del paziente (comorbilità, aspettativa di vita, status cognitivo e funzionale), piuttosto che un semplice bilancio tra le scale di rischio cardioembolico ed emorragico. È probabile che la TAO possa essere percepita dai curanti talora come una terapia futile o potenzialmente dannosa in pazienti con ridotta aspettativa di vita. Studi recenti suggeriscono in effetti che le sindromi geriatriche sono associate con una maggiore riluttanza a prescrivere anticoagulanti [25].
Inoltre, è stato dimostrato che molti anziani ospedalizzati ad alto rischio embolico non sono candidabili al trattamento con warfarin [26] e che, in una popolazione di pazienti con FA residenti in case di riposo, vi era un alto tasso di mortalità a breve termine tra i pazienti affetti da demenza o con frequenti cadute, nonostante l’85% di essi fosse in trattamento con warfarin [27].
In conclusione, la TAO è tuttora ampiamente sottoutilizzata negli anziani con FA, dal momento che numerosi studi hanno ripetutamente dimostrato che meno della metà degli ultraottantenni con indicazione alla TAO sono trattati [1,4-11,22-26]. Sebbene controindicazioni temporanee o permanenti possano parzialmente spiegare questo atteggiamento prescrittivo (6,7), le ragioni più comuni identificate dai curanti per non prescrivere la TAO sono: età avanzata e bassa aspettativa di vita, paura dei sanguinamenti, percezione di un rischio superiore ai benefici attesi e lo scadimento delle condizioni cliniche e funzionali del paziente [4-7,12,23-25]. Questa persistente riluttanza terapeutica sembra basarsi su un intimo scetticismo riguardo alla trasferibilità dei benefici osservati negli studi clinici randomizzati ai pazienti anziani, spesso polipatologici e in precarie condizione cognitive, funzionali e di salute, della pratica clinica quotidiana [26].
L’Ambulatorio per la Fibrillazione Atriale negli Anziani, operante presso la SCDU di Geriatria e Malattie Metaboliche dell’Osso al presidio Molinette della Città della Salute e della Scienza di Torino, nasce nel tentativo di rispondere ad alcune esigenze non solo dei pazienti, ma anche dei medici, che si sono manifestate nell’attuale contesto temporale. La recente introduzione e progressiva diffusione dei DOAC (Dabigatran, Apixaban, Rivaroxaban ed Edoxaban), ha offerto reali e valide alternative alla tradizionale terapia con AVK. Tuttavia, la prescrizione di questi nuovi farmaci è vincolata alla compilazione di un Piano Terapeutico sul portale dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), al quale peraltro hanno accesso solo un numero limitato di Specialisti, prevalentemente a livello ospedaliero.
Questa situazione, giustamente dettata dall’esigenza di creare un registro nazionale delle prescrizioni di questi farmaci, ha tuttavia creato una sorta di sbarramento alla possibilità di accedere a queste cure, che penalizza sia i pazienti non ospedalizzati che i Medici operanti a livello territoriale (MMG e Specialisti ambulatoriali in particolare). Inoltre, anche in ragione della crescente diffusione dei DOAC, si è osservato un contestuale e progressivo “disimpegno” di alcuni Centri deputati alla gestione della terapia anticoagulante con gli AVK, che con eccellenti competenze e risultati clinici avevano gestito la terapia ambulatoriale di molti pazienti in terapia con cumarolici. Si è venuta pertanto a creare una situazione apparentemente paradossale, per cui molti Medici operanti sul territorio, pur non avendo la possibilità di prescrivere i DOAC, si trovano anche maggiormente coinvolti in prima persona nell’impegnativa gestione della terapia anticoagulante con cumarolici.
Su queste basi abbiamo deciso di avviare l’attività del nostro ambulatorio che, nei nostri intenti, dovrebbe rispondere ad alcune finalità. Innanzitutto, fornire una consulenza specialistica ai Medici operanti a livello territoriale nelle decisioni concernenti il “se” ed il “come” anticoagulare un paziente anziano con FA, integrando le vincolanti valutazioni raccomandate dalle attuali Società Scientifiche con le metodiche della valutazione geriatrica multidimensionale.
Questo obiettivo “culturale” mira infatti ad accrescere conoscenze e competenze in un ambito, quello dei benefici della terapia anticoagulante nel grande anziano con FA, che presenta ancora per alcuni Medici, come abbiamo visto, molti elementi di incertezza nella pratica clinica quotidiana. Il secondo obiettivo è quello di fornire a tutti i pazienti anziani un più equo e facile accesso alla terapia anticoagulante con quei farmaci che, sempre sulla base delle linee guida europee per la gestione della FA non valvolare, sono da considerarsi “preferibili” e di “prima scelta” rispetto agli AVK. Il terzo obiettivo è quello di garantire ai pazienti avviati alla terapia anticoagulante tutte quelle informazioni e consulenze (gestione della terapia anticoagulante nel periodo periprocedurale ed in occasione di eventi clinici acuti intercorrenti, interazioni farmacologiche, controlli periodici clinici ed ematochimici, rinnovo del PT) che molto spesso, meramente per ragioni di tempo e affollamento, non possono magari trovare in un affollato studio medico, e che sono nel contempo determinanti per ricavare il beneficio clinico atteso dalla terapia anticoagulante, sia essa con AVK o con DOAC.
Ultimo, ma certo non per importanza, la creazione di una banca dati per pazienti anziani trattati con anticoagulanti orali e valutati sistematicamente con metodiche standardizzate, dovrebbe anche garantire un sistema di sorveglianza clinica particolarmente importante nel momento in cui nuovi farmaci in un ambito clinico così delicato, ed in una popolazione così vulnerabile, coinvolgono progressivamente un crescente numero di pazienti anziani.
L’accesso all’Ambulatorio avviene previa prenotazione (telefonicamente allo 011-6336660, dal Lunedì al Venerdì, dalle 8:30 alle 13:00), ed è necessaria l’impegnativa del medico curante per “Visita Geriatrica”.
N. 06/2017 - MedTOPICS - Periodico Quindicinale
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