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Oltre la superficie: le palpebre


Le palpebre possono essere interessate da alterazioni di vario tipo, tra cui quelle della loro dinamica, le alterazioni macroscopiche, quelle del margine palpebrale anteriore e posteriore di tipo infiammatorio o degenerativo, nonché le alterazioni dovute ad una malattia sistemica di cui le palpebre rappresentano un target. In ogni caso, la patologia palpebrale si ripercuote inevitabilmente sulla superficie oculare.


Pertanto, in un paziente che manifesta disturbi a carico della superficie anteriore dell’occhio va sempre preso in considerazione il coinvolgimento delle palpebre e stabilito in che misura la patologia palpebrale è responsabile della condizione patologica della superficie oculare in quel paziente.


La presente trattazione è focalizzata, in particolare, sulla patologia del margine palpebrale, sia in virtù della fondamentale importanza che esso riveste nel mantenere l’omeostasi e nel preservare l’integrità della superficie oculare, sia perché, in una patologia molto frequente come il dry eye, il margine palpebrale può svolgere molto spesso un ruolo centrale.

Dal punto di vista anatomico il margine palpebrale è una struttura complessa, nel cui ambito si possono distinguere schematicamente le seguenti componenti:
– il margine palpebrale anteriore, su cui si impiantano le ciglia ed a questo livello si trovano le ghiandole sebacee di Zeis;
– la giunzione muco-cutanea;
– il margine palpebrale posteriore, dove sboccano le ghiandole di Meibomio;
– il lid wiper che ad ogni ammiccamento, scorrendo a stretto contatto sulla superficie oculare, provvede a distribuire il film lacrimale.


Ne consegue che alterazioni riguardanti le dinamiche di ammiccamento, il grado di adesione delle palpebre al bulbo oculare o la morfologia del margine palpebrale e del lid wiper possono modificare profondamente la distribuzione del film lacrimale.


Peraltro, a livello del solo margine palpebrale si possono verificare differenti patologie, che comportano diverse possibili manifestazioni cliniche.

A tale riguardo è opportuno un distinguo terminologico quando si fa riferimento alla disfunzione delle ghiandole di Meibomio (MGD) o alle blefariti (Tabella 1). In particolare, risulta utile operare una distinzione di carattere generale tra una patologia di tipo sostanzialmente degenerativo (più frequentemente su base ostruttiva non cicatriziale o inerente alla funzione secretiva) che non ha un primum movens infiammatorio, quale la MGD, e le patologie del margine palpebrale (che possono coinvolgere anche le ghiandole di Meibomio) di natura fondamentalmente infiammatoria.

In realtà, una serie di dati suggeriscono come vi sia un’attivazione infiammatoria subclinica anche nella MGD; tuttavia, la distinzione tra quest’ultima e le blefariti precedentemente proposta può rivelarsi utile ad impostare l’approccio terapeutico, in quanto da un lato si rischierebbe di trattare inutilmente con steroidi una serie di disfunzioni delle ghiandole di Meibomio e, dall’altro lato, di fornire un apporto di lipidi particolarmente rilevante al film lacrimale nelle blefariti, che risulterebbe molto meno tollerabile in presenza di un’infiammazione scompensata.

Un altro aspetto rilevante da considerare è il rapporto tra margine palpebrale e dry eye. In generale, la malattia dell’occhio secco è innescata dallo stress da essiccazione e perpetuata da un circolo vizioso che offre diversi punti di ingresso a differenti fattori eziologici. Pertanto, la catena di eventi che conducono all’alterazione del film lacrimale include varie condizioni patologiche, tra cui rientrano anche quelle del margine palpebrale, quali la MGD, la blefarite anteriore e il danno frizionale.

Quindi, nella valutazione clinica di un paziente con malattia dell’occhio secco l’attenzione deve essere rivolta anche alle alterazioni del margine palpebrale e, se presenti, queste vanno adeguatamente trattate nel tentativo di ripristinare l’omeostasi della superficie oculare. In tale contesto, l’associazione biologicamente più rilevante è indubbiamente quella tra MGD e dry eye, in quanto la disfunzione delle ghiandole di Meibomio rappresenta il principale fattore di rischio per la malattia dell’occhio secco, in particolare quello evaporativo.

In effetti, la MGD modifica il comportamento del film lacrimale in termini di eccessiva evaporazione delle lacrime, il che spiega la correlazione tra disfunzione delle ghiandole di Meibomio e malattia dell’occhio secco. D’altro canto, sebbene il film lacrimale svolga un’azione anti-evaporativa importante, ciò non significa che un’aumentata evaporazione del film lacrimale è dovuta esclusivamente alla MGD, in quanto diversi altri meccanismi eziologici possono provocare un’iperevaporazione del film lacrimale. In ogni caso, la disfunzione delle ghiandole di Meibomio costituisce un fattore di primaria importanza in questo senso, per cui bisogna condurre un accurato esame clinico della palpebra.

La gestione del paziente con patologie della superficie oculare inizia dall’igiene del margine palpebrale, con l’uso di prodotti dedicati a tale scopo. Il coinvolgimento delle ghiandole di Meibomio tende a giovarsi in modo significativo dell’uso del calore, mediante l’applicazione di impacchi caldi.

Va sottolineato che l’igiene palpebrale e la terapia con il calore non sono pratiche secondarie, ma rappresentano la prima linea di trattamento.

La terapia antibiotica sistemica con tetracicline, somministrate a dosaggi subantimicrobici per tempi prolungati, può essere utilizzata per ottenere effetti quali l’inibizione delle lipasi e la riduzione dell’attività delle metalloproteinasi. Infine, nella patologia della superficie oculare di tipo infiammatorio con coinvolgimento palpebrale trovano indicazione gli steroidi e gli immunosoppressori topici.

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