Il contenzioso medico-legale in ambito neonatologico negli anni è cresciuto in modo drammatico. Quando un neonato mostra alterazioni neurologiche alla nascita il primo pensiero va verso un errore del ginecologo o dell’ostetrica nel condurre il travaglio di parto.
Da un lato è comprensibile che un evento come quello del parto, foriero di aspettative liete, nel momento in cui diviene l’inizio di un incubo, porti i genitori, totalmente impreparati psicologicamente, a cercare fuori casa le cause dello scompiglio nelle loro vite. Questo, però, non presuppone il dovere dello specialista e della struttura sanitaria dove opera di ottemperare sempre e comunque all’obbligo di risarcimento del dolore dei genitori e del danno al bambino. Il riconoscimento economico è dovuto soltanto quando viene appurata l’esistenza di un danno ingiusto, ovvero dovuto ad una negligenza di terzi.
Stante ciò, diviene importante che i futuri genitori vengano posti davanti alla possibilità che il loro figlio possa nascere con seri problemi neurologici, imponderabili ex ante, anche a fronte di tutte le indagini strumentali e analitiche oggi messe a disposizione e di un parto eseguito a regola d’arte.
Per decenni i ginecologi hanno pagato quali responsabili di quadri clinici di neonati, caratterizzati da spasticità, convulsioni, epilessia, ritardi cognitivi, definiti col termine di paralisi cerebrale. Ciononostante, l’osservazione che la percentuale di casi di paralisi cerebrale infantile non sia diminuita, nonostante ormai si tenda a ricorrere alla rapida estrazione del feto o ai tagli cesarei al primo accenno di sofferenza fetale alla cardiotocografia, fa propendere sempre più verso l’ipotesi di una sofferenza fetale che si realizzi in epoca antecedente o successiva al parto.
Di tutto questo è bene che i futuri genitori vengano messi al corrente attraverso un’informazione preventiva onesta e comprensibile, come richiesto dalla legge 219 del 2017.
Grazie ai numerosi studi che si sono succeduti negli anni, oggi è possibile affrontare queste situazioni con metodo scientifico e serenità di giudizio.
L’Associazione Ostetrici e Ginecologi Ospedalieri Italiani (AOGOI) ha pubblicato nel 2005, nel fascicolo 1-2 della Rivista Ginecologia e ostetricia forense, a firma di Paolo Puggina, un articolo in cui vengono proposti i criteri da tenere in conto per stabilire se un evento ipossico acuto, realizzatosi durante il parto, sia stato sufficiente a determinare il danno cerebrale esitato nel neonato. L’importanza di definire criteri come questi poggia anche sulla possibilità, oltre che di fungere da orientamento diagnostico, di coadiuvare il medico legale nel valutare eventuali responsabilità degli operatori.
I criteri individuati si distinguono in essenziali, ovvero devono essere tutti presenti contemporaneamente, e criteri che insieme suggeriscono una tempistica intrapartum ma che non sono specifici per i danni da asfissia. I criteri essenziali sono rappresentati, in primo luogo, dal rilievo di acidosi metabolica nel sangue arterioso del cordone ombelicale prelevato alla nascita. Il rilievo di un pH inferiore a 7 e un deficit di basi maggiore di 12 mmol/L è una conditio sine qua non per stabilire che nel corso del parto si sia realizzato un evento ipossico tale da procurare una paralisi cerebrale.