Il problema del diabete nella società moderna viene progressivamente sempre più avvertito anche a causa dell’aumento della popolazione anziana, particolarmente esposta al diabete. Si stima infatti che entro il 2030, solo nei Paesi industrializzati, il numero di soggetti diabetici anziani (età ≥ 65 anni) sarà complessivamente superiore ai 48 milioni (1). Nei soggetti anziani il diabete il più delle volte esordisce in maniera insidiosa, con sintomi aspecifici e vaghi (ad es. astenia, incontinenza urinaria, depressione, confusione ed apatia), per cui la formulazione della diagnosi e l’instaurazione della terapia risultano spesso tardive. La maggior parte dei casi del diabete nell’anziano viene diagnosticata per il riscontro casuale di iperglicemia durante indagini eseguite per altre comorbidità e/o per un ritardo nella guarigione da malattie intercorrenti.
I criteri per formulare la diagnosi di diabete sono i seguenti (2):
1. Glicemia a digiuno ≥ 126 mg/dl (il digiuno è definito come un periodo di almeno 8 ore senza ingestione di cibo)
OPPURE
2. Sintomi di iperglicemia ed una glicemia casuale ≥200 mg/dl (per casuale si intende qualsiasi momento della giornata indipendentemente dal tempo trascorso dall’ultimo pasto; i classici sintomi di iperglicemia includono: poliuria, polidipsia e calo ponderale inspiegabile)
OPPURE
3. Glicemia plasmatica a 2 ore ≥200 mg/dl durante un test da carico orale di glucosio (OGTT).
La presenza di un livello di iperglicemia non sufficiente per formulare una diagnosi di diabete viene classificata come “alterata glicemia a digiuno” (IFG) o “ridotta tolleranza al glucosio” (IGT), a seconda che, come test diagnostici, vengano impiegati la glicemia a digiuno o l’OGTT:
• IFG = glicemia a digiuno compresa tra 100 mg/dl e 125 mg/dl
• IGT = glicemia alla seconda ora dell’OGTT compresa tra 140 mg/dl e 199 mg/dl.
Il trattamento nei pazienti anziani affetti da diabete è volto principalmente al miglioramento dei sintomi, alla riduzione del rischio di crisi iperglicemiche, alla gestione delle complicanze vascolari e al raggiungimento se possibile di una normale aspettativa di vita (1).
Gli “Standards of Medical Care in Diabetes” dell’American Diabetes Association (ADA) raccomandano di mantenere i livelli di emoglobina glicata (HbA1c) <7.0 nella maggior parte dei pazienti diabetici, per ridurre il rischio di microvasculopatia. Tale obiettivo può essere conseguito mantenendo un valore di glicemia media compreso all’incirca tra 150 e 160 mg/dl; idealmente, la glicemia a digiuno deve essere mantenuta ad un valore < 130 mg/dl e quella postprandiale a un valore <180 mg/dl.
Target più “stringenti” di HbA1c, ossia nel range 6.0 - 6.5, possono essere presi in considerazione in pazienti selezionati (con breve durata della malattia, lunga aspettativa di vita, assenza di malattia cardiovascolare significativa), purché il raggiungimento di tali target venga conseguito senza andare incontro ad episodi significativi di ipoglicemia o altri eventi indesiderati seri del trattamento.
Al contrario, target meno “stringenti” di HbA1c , ossia 7.5 – 8.0% (o anche leggermente superiori), possono essere adeguati per i pazienti con storia di ipoglicemie gravi, limitata aspettativa di vita, complicanze gravi, importanti comorbidità e in quelli in cui il raggiungimento del target risulta difficoltoso malgrado un programma intensivo educazionale , un counseling ripetuto e l’utilizzo appropriato dei farmaci antidiabetici, compresa l’insulina.
Figura 1. Rappresentazione degli elementi di decision-making usati , nelle linee guida ADA/EASD, per determinare i target glicemici appropriati, meno “stringenti” (sulla destra) o più “stringenti” (sulla sinistra). Ove possibile, le decisioni vanno prese in accordo con il paziente , considerandone le preferenze, le necessità e i valori personali. La “scala” non va applicata rigidamente ma va interpretata come una guida di carattere generale di ausilio nella pratica clinica

Bibliografia
1) Bilous R, Donnelly R. Handbook of Diabetes 4th ed. Blackwell Publishing Ltd 2010
2) American Diabetes Association Clinical Practice Recommendations. Diabetes Care 2008;Vol.31, Suppl.1:S1-S114 |