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La sorveglianza ecografica in gravidanza e durante il parto


La sorveglianza ecografica in gravidanza e durante il parto è un importante esame di screening per numerose patologie che possono interessare sia il feto che la madre: malformazioni fetali come la spina bifida o malformazioni cardiache, ritardo di crescita intrauterino (IUGR), gravidanza ectopica, anomalie del liquido amniotico come l’oligo- o polidramnios, anomalie della placenta come la placenta previa. Per “esame di screening” in medicina si intende un esame diagnostico proposto a tutti i soggetti in una determinata condizione. Per quanto riguarda le donne in gravidanza, l’ecografia viene proposta allo scopo di effettuare una diagnosi precoce di una o più patologie, diagnosi che consente un trattamento più efficace delle stesse. Ne può conseguire l’anticipazione della data del parto tramite un cesareo o induzione del parto stesso, oppure preparandosi all’assistenza del nascituro o, nei casi più complessi, persino operando chirurgicamente il feto già nell’utero, prima della nascita.

L’ecografia consente anche di datare con precisione l’inizio della gravidanza e, quindi, di calcolare accuratamente la data prevista del parto, migliorando la gestione di patologie quali il parto pretermine e la preeclampsia.

La Società Italiana di Ecografia Ostetrica e Ginecologica (SIEOG) produce linee guida, regolarmente aggiornate, sull’ecografia ginecologica ed ostetrica. Le linee guida attuali, ossia la versione del 2021, raccomanda di eseguire almeno tre ecografie di controllo durante la gravidanza, una in ogni trimestre. Nel caso vengano individuate determinate patologie o fattori di rischio per il loro sviluppo, il ginecologo valuta la necessità di eseguire ulteriori ecografie in momenti diversi.

L’ecografia di screening del primo trimestre di solito viene eseguita tra la 10a e la 13a settimana e permette di determinare con precisione la data d’inizio della gravidanza, oltre a diagnosticare la presenza di gravidanze gemellari o ectopiche. Durante il primo trimestre viene inoltre effettuata la misurazione della translucenza nucale, un parametro ecografico che, se positivo, può essere indicativo della presenza di alterazioni genetiche del feto e suggerisce, quindi, la necessità di eseguire indagini più approfondite.

Nell’ecografia del secondo trimestre, eseguita di solito fra la 19a e la 21a settimana, vengono valutate le dimensioni del feto e la presenza di malformazioni fetali. Ancora una volta, dei reperti anomali possono indicare la necessità di esami più specifici per approfondire la situazione fetale e valutare il percorso terapeutico da adattare. Una diagnosi precoce di eventuali patologie in molti casi migliora la prognosi, aumentando le probabilità di sopravvivenza del feto, oltre a permettere alla donna, se lo desidera, di intraprendere un percorso di interruzione di gravidanza entro i limiti previsti per legge.

Infine, nel terzo trimestre vengono valutate la crescita fetale, la quantità di liquido amniotico e la localizzazione della placenta. Vengono, inoltre, ricercate nuovamente eventuali anomalie strutturali del feto rese visibili dal grado di maturazione raggiunto. La valutazione della crescita fetale, in particolare, è essenziale per porre la diagnosi di IUGR, una patologia spesso priva di altri segni premonitori in cui avviene una diminuzione dell’apporto di ossigeno al feto, che, se non riconosciuta in tempo e adeguatamente trattata, impedisce un adeguato sviluppo del feto e può esitare in deficit cognitivi di gravità variabili o, nei casi più gravi, in un aborto del feto. La localizzazione della placenta invece è importante perché, nel caso in cui questa sia troppo vicina alla cervice uterina, rende difficile al feto passare attraverso il canale del parto ed aumenta il rischio di complicanze durante il travaglio, per cui in questi casi è di solito preferibile un taglio cesareo al parto naturale. Anche in questo caso, una diagnosi più precoce permette di eseguire un cesareo d’elezione invece che uno d’emergenza, diminuendo notevolmente la probabilità che si sviluppino complicazioni durante l’intervento.

L’ecografia rimane uno strumento utile anche durante il travaglio: durante la fase dilatativa può infatti essere utilizzata per stimare l’altezza della testa del feto all’interno del canale vaginale con una precisione maggiore ed in modo meno invasivo della semplice esplorazione digitale, permettendo quindi ai sanitari di individuare più facilmente una interruzione della discesa fetale. Lo studio della posizione del feto durante il travaglio può, inoltre, aiutare i sanitari a individuare precocemente una distocia, ovvero una presentazione fetale anomala che può rendere difficoltoso o persino impossibile il passaggio del feto attraverso il canale del parto, necessitando l’esecuzione di un taglio cesareo.

È invece ancora dibattuta l’utilità dell’ecografia durante la fase espulsiva del parto. Recenti studi suggeriscono che i reperti ecografici possano essere utilizzati per aiutare i sanitari a decidere il corretto management da seguire.

Al momento, non ci sono dati sufficienti a dimostrare l’utilità o meno di una ecografia di routine durante il travaglio, per cui di solito viene riservata a casi affetti da particolari condizioni di rischio oppure viene utilizzata come esame di secondo livello in seguito al riscontro di reperti anomali all’esame obiettivo eseguito dai sanitari.


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