Biosensori e machine learning possono predire comportamenti aggressivi nei giovani con autismo, rivoluzionando la gestione e consentendo interventi tempestivi. Uno studio su 70 pazienti ha dimostrato l'efficacia di questo approccio aprendo nuove possibilità per migliorare la qualità di vita e ridurre i costi associati alle cure.
L'autismo è uno dei disturbi infantili più comuni (si verifica in 1 bambino su 36). Il comportamento aggressivo (inclusi autolesionismo, capricci, crisi di nervi, distruzione di proprietà e aggressività verso gli altri) si verifica in circa l’80% dei bambini ed adolescenti con autismo ed è tra le cause più comuni di riferimento ai servizi di assistenza sanitaria con costi sanitari elevati.1
Diversi fattori rendono difficile per i giovani con autismo regolare le proprie emozioni e autodenunciare i propri stati interiori; una percentuale compresa tra il 30% e il 40% è minimamente verbale e coloro che parlano fluentemente spesso hanno scarsa comprensione emotiva e scarsa consapevolezza di sé1.
Questa condizione può rendere il comportamento aggressivo imprevedibile e quindi pericoloso, creando una barriera all’accesso alla comunità, ai servizi terapeutici, ai medici e ai percorsi educativi. Le famiglie riferiscono che il comportamento aggressivo amplifica lo stress, l’isolamento e l’onere finanziario e riduce le opzioni di supporto disponibili perché temono di mettere il proprio bambino in ambienti che potrebbero provocare un comportamento aggressivo inaspettato.1
Questa situazione difficile può demoralizzare genitori e medici, accelerare traiettorie negative dei pazienti e portare a cure domiciliari o residenziali, riducendo collettivamente la qualità della vita e aumentandone i costi.1
Uno studio prognostico non interventistico, quindi osservazionale, pubblicato su “Jama Open Network” si è domandato se sia possibile prevedere, attraverso un biosensore indossabile e machine learning, comportamenti aggressivi imminenti in giovani pazienti con autismo ricoverati nei reparti di psichiatria.1
Lo studio ha utilizzato i dati raccolti da marzo 2019 a marzo 2020 da quattro ospedali psichiatrici di assistenza primaria di 70 pazienti psichiatrici, con un’età media di 11.9 anni, ricoverati con diagnosi confermata di autismo e che mostravano comportamenti autolesionistici definiti operativamente come disregolazione emotiva o aggressività verso gli altri.1
I risultati di questo studio suggeriscono che l’impiego dei biosensori e del machine learning potrebbe potenzialmente risolvere il problema dell’imprevedibilità degli episodi aggressivi nei soggetti con spettro autistico. Tali risultati, scrivono gli Autori, potrebbero gettare le basi per lo sviluppo di sistemi sanitari mobili con intervento adattivo just-in-time che potrebbero consentire nuove opportunità di intervento preventivo. Questo programma di ricerca in corso potrebbe consentire ai giovani ricoverati con autismo di partecipare più pienamente alla vita familiare e di comunità.1