Le infezioni vaginali, un problema da non sottovalutare

Generalmente le infezioni vaginali, sebbene i sintomi ad esse associati siano i disturbi che più spesso spingono la donna a rivolgersi al medico (Figura 1), sono considerate un semplice fastidio.

 
 

Tuttavia, tali condizioni esercitano innanzitutto un significativo impatto psicologico, in quanto sintomi come prurito, bruciore, perdite vaginali più o meno maleodoranti, dolore durante i rapporti sessuali possono influenzare significativamente la vita sociale, la vita di coppia e, in definitiva, ridurre la qualità di vita; inoltre, le eventuali recidive dopo il trattamento costituiscono una costante causa di frustrazione per la donna (1, 2).

Non è da trascurare, inoltre, nonostante la sintomatologia poco significativa delle infezioni vaginali, il rischio di importanti conseguenze cliniche come complicanze di tipo sia ginecologico sia ostetrico a cui la donna affetta può andare incontro.

In particolare, la vaginosi batterica è stata identificata come cofattore di infezioni ginecologiche sostenute da patogeni sessualmente trasmessi (Herpes simplex, Trichomonas vaginalis, Neisseria gonorrhoeae, Chlamydia trachomatis) e associata all’acquisizione e trasmissione del virus dell’immunodeficienza umana (HIV) (3, 4).

Il meccanismo ipotizzato per l’associazione con l’HIV è rappresentato dalla riduzione dei lattobacilli del microbiota vaginale, a cui consegue la ridotta produzione di H2O2 e sostanze protettive nei confronti dei virus. Inoltre, l’aumento del pH vaginale crea condizioni favorenti la crescita e la sopravvivenza del virus, mentre un basso pH inibisce l’attivazione dei linfociti CD4 e riduce le cellule bersaglio dell’HIV presenti a livello vaginale (4).

E’ dimostrata inoltre l’associazione della vaginosi batterica con il rischio di complicanze ginecologiche (Tabella 1) come endometrite, cervicite mucopurulenta, neoplasia intraepiteliale cervicale (CIN), malattia infiammatoria pelvica, ad aumentato rischio di infezioni dopo procedure chirurgiche genitali, quali biopsia endometriale, isterectomia, isterosalpingografia, inserimento di IUD. A tale riguardo, uno studio svedese ha dimostrato che la presenza di clue cell prima dell’intervento comportava un aumento di 5.6 volte del rischio di endometrite dopo interruzione chirurgica della gravidanza (5).

 

 

 

La vaginosi batterica in gravidanza influenza negativamente la prognosi, causando un aumento del rischio di aborto tardivo, rottura prematura delle membrane, parto pretermine, endometrite post parto cesareo, malattia infiammatoria pelvica post abortiva. In particolare, durante il terzo trimestre di gravidanza, la vaginosi batterica è risultata associata ad un rischio di sviluppare un’endometrite puerperale dieci volte superiore a quello presentato dalle gravide sane (3). Il ruolo causale della vaginite infettiva nel parto pretermine è indicato dalla maggiore frequenza di tutti i tipi di infezioni correlate a invasione ascendente dalla vagina (funisite, corioamnionite, sepsi neonatale, endometrite puerperale) nel neonato pretermine e dal più comune riscontro di alcuni componenti del microbiota vaginale nei casi di parto pretermine o rottura prematura delle membrane (6).

Anche la vaginite da Trichomonas vaginalis favorisce la trasmissione dell’HIV. L’infezione da Trichomonas, infatti, compromette la barriera epiteliale vaginale, causa modificazioni dell’immunità innata ed adattativa che predispongono all’infezione da HIV, aumenta i linfociti CD4+, cellule bersaglio dell’HIV, nelle secrezioni vaginali e modifica la composizione del microbiota vaginale aumentando il pH vaginale. Inoltre, l’infezione da Trichomonas vaginalis è un fattore di rischio di coinfezione con altre MST e potrebbe svolgere un ruolo nello sviluppo del carcinoma cervicale. Nella gestante, la tricomoniasi vaginale è associata ad un aumento del 30% del rischio di parto pretermine e di parto di un neonato di basso peso alla nascita.

Per quanto riguarda la vulvovaginite da Candida (VVC), molti casi si verificano durante la gravidanza; infatti, l’incidenza di colonizzazione dell’ambiente vaginale nella gestante aumenta dal 10% del primo trimestre al 50% nel terzo trimestre, con un rischio di trasmissione al neonato del 40-80%. L’infezione neonatale, peraltro rara, è associata ad elevati tassi di morbilità (25%) e mortalità (25%–54%) (4, 7).

 

Bibliografia

1. Nyirjesy P, Peyton C, Weitz MV, Mathew L et al. Causes of chronic vaginitis: analysis of a prospective database of affected women. Obstet Gynecol 2006; 108(5):1185–91
2. Powell K.Vaginal thrush: quality of life and treatments. British Journal of Nursing 2010; 19 (17)
3. Tavassoli K., Mattana P. L’attualità del trattamento topico delle infezioni vaginali con l’associazione metronidazolo-clotrimazolo. Minerva Ginecol 2013;65
4. Mirmonsef P et al. The Role of Bacterial Vaginosis and Trichomonas in HIV Transmission Across The Female Genital Tract. Curr HIV Res 2012 ; 10(3): 202–210
5. Kumar, B, Gupta S. Sexually Transmitted Infections. Elsevier Health Sciences 2014
6. Gupta A, Garg P, Nigam S. Bacterial Vaginosis in Pregnancy (<28 Weeks) and its Effect on Pregnancy Outcome: A Study from a Western UP City. Indian Journal of Clinical Practice 2013; 23 (11)l
7. Mashburn J. Etiology, Diagnosis, and Management of Vaginitis. J Midwifery Womens Health 2006;51:423–430

 

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N. 12/2016 - MedTOPICS - Periodico Quindicinale
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