Il danno mucosale nel Reflusso

Laringo Faringeo (RLF)

Introduzione

Il “Reflusso LaringoFaringeo” (RLF) è una entità nosologica da pochi anni descritta, ma da sempre inquadrata tra i disturbi “extraesofagei” di un’altra patologia ben conosciuta e chiamata “Malattia da Reflusso GastroEsofageo” (MRGE).

Mai, come nel caso di RLF, l’otorinolaringoiatra si trova giornalmente “coinvolto” a dover diagnosticare una patologia che, pur interessando il proprio distretto anatomico, di fatto trova “condivisione” con un altro apparato, quello digestivo, la cui eziopatogenesi non è di natura infettiva (virale, batterica, micotica), né malformativa e neanche neoplastica. Di fatto, il RLF è una patologia infiammatoria, che colpisce il tratto aero-digestivo di competenza orl, prevalentemente la regione faringo-laringea, ma, a volte, non risparmia l’orofaringe, il rinofaringe, l’orecchio medio, le cavità naso-sinusali e persino la mucosa congiuntivale.

Gli agenti eziologici sono l’acido cloridrico, ma ancor più la pepsina che, trovandosi in un territorio diverso da quello gastroesofageo, causano importanti alterazioni della mucosa delle vie aeree superiori, responsabili dei sintomi quali: disfonia, senso di corpo estraneo, eccesso di muco in faringe, tosse, bruciore orofaringeo, spasmi laringei, ovattamento auricolare sino al bruciore congiuntivale e lacrimazione.

La maggior parte dei sintomi su descritti furono riportati già nel 2002, in un questionario sviluppato da Belafsky e Koufman per valutare la gravità della malattia (Reflux Symptom Index–RSI), questionario ancora valido ai fini di una precisa diagnosi, specie se associato all’indagine clinico-strumentale di cui oggi lo Specialista dispone (Rinofibrolaringoscopia, pHmetria, ecc).

Recenti studi hanno definitivamente chiarito che il RGE e il RLF sono due distinte entità nosologiche, i cui meccanismi alla base delle patologie sono diversi.

Il RLF solitamente non si accompagna al RGE e tutto ciò è confermato, sul piano clinico, dall’assenza dei tipici sintomi del RGE (dolore e/o bruciore gastrico, dolore e/o bruciore retrosternale) e sul piano strumentale dalla negatività all’esofago-gastro-duodenoscopia.

Anche l’approccio terapeutico sembra essere in parte diverso nelle due patologie. Sicuramente entrambe dovranno seguire una buona igiene alimentare, evitando l’introduzione di determinati cibi e bevande (cibi acidi, piccanti, bevande gasate, gelati, fumo, alcolici ecc.), oltre ad associare e modulare, a seconda della patologia e della gravità, farmaci quali gli inibitori di pompa protonica, antiacidi, (più indicati nel RGE) e/o device, quali gli alginati di sodio o di magnesio, eventualmente associati ad estratti vegetali, acido ialuronico ecc. (più indicati nel RLF).

Lo specialista ORL, oggi più che mai, si trova nelle condizioni di dover spesso sospettare e/o diagnosticare una patologia da RLF. Alcuni ORL, Gastroenterologi e Pediatri considerano tale patologia “sovrastimata” e altri, di contro, hanno la netta sensazione che tali patologie abbiano acquisito una dimensione “epidemica”. Alla base di tutto ciò vi è sicuramente lo stile di vita, in particolare quello alimentare, che nell’ultimo ventennio si è andato sempre più modificando.

Certamente molto si è fatto sul piano diagnostico, ancora molto si dovrà fare sul piano della prevenzione e della terapia. Nuovi farmaci e nuovi device sicuramente aiuteranno a controllare meglio tali malattie, migliorando la qualità della vita dei nostri pazienti.

 

Matteo Gelardi

Presidente della Accademia Italiana di Rinologia

Policlinico Universitario, Bari

 

 

Il danno mucosale delle vie aero-digestive nel Reflusso LaringoFaringeo (RLF)

La Malattia da Reflusso GastroEsofageo (MRGE) è una patologia ben nota e molto diffusa soprattutto nei Paesi occidentali (10-20% della popolazione) e per molti anni è stata considerata di esclusiva pertinenza del Gastroenterologo.

Solo di recente, grazie al miglioramento delle tecniche diagnostiche, si è scoperto che il reflusso gastrico è in grado di produrre lesioni e sintomi non solo a livello esofageo, ma anche a livello delle alte e basse vie aeree.

La prima intuizione citata in letteratura che “il reflusso di gas dallo stomaco” e “l’iperacidità” fossero responsabili di raucedine e di rinorrea posteriore, risale ai primi anni del secolo scorso (Coffin, 1903). Ma solo nel 1991, grazie all’otorinolaringoiatra Kaufman, vengono descritte le manifestazioni laringee della MRGE (1) e per la prima volta viene riconosciuta una nuova entità nosologica e viene introdotto ufficialmente il termine di Reflusso LaringoFaringeo (RLF) (2) (Tabella 1). La nuova definizione si è resa necessaria in quanto il paziente con RLF differisce notevolmente da quello con RGE per molte caratteristiche:

  • meccanismo fisiologico
  • modalità di presentazione
  • sintomatologia
  • risposta alla terapia medica o chirurgica.

Inoltre, pur essendo espressioni cliniche della stessa patologia, il RLF può manifestarsi anche in assenza dei sintomi tipici del RGE, così come al RGE non sempre è associato il RLF.

 

 

Tabella 1.

Differenze tra reflusso gastroesofageo (RGE) e reflusso laringofaringeo (RLF)

 

Nel RLF il reflusso gastrico coinvolge diverse strutture anatomiche extraesofagee dando luogo a sindromi otorinolaringoiatriche (laringiti, faringiti, rinosinusiti, adenoiditi, tonsilliti, otiti, sino al cancro della laringe), polmonari (asma, tosse cronica, bronchiolite obliterante, polmonite, fibrosi), cardiaci (fibrillazione atriale), dolore toracico ed erosione dentale (3).

Interessante è il dato che circa un terzo dei disturbi di pertinenza ORL è da attribuire al RLF (4), ciò fa dell’Otorinolaringoiatra lo specialista competente che individua, valuta e diagnostica la patologia.

Anche i disturbi del sonno con microrisvegli notturni, in alcuni casi possono essere associati ai sintomi del reflusso. Numerosi studi dimostrano l’alta prevalenza di reflusso (sia RGE che RLF) nei pazienti con Sindrome delle Apnee Ostruttive nel Sonno (OSAS) e che le due patologie si influenzano reciprocamente in entrambi i versi (miglioramento e peggioramento), ipotizzando l’esistenza di un circolo vizioso tra OSAS e MRGE con un meccanismo non ancora ben chiaro (5).

 

Eziopatogenesi

Le lesioni da reflusso sono causate dall’eccessiva esposizione delle mucose esofagee ed extraesofagee al contenuto gastrico, dovuta alla disfunzione dei meccanismi molteplici e complessi che costituiscono la barriera anti-reflusso (LES, UES, jato esofageo, peristalsi esofagea, ecc.) e da una diminuzione delle resistenze naturali.

L’acidità del contenuto gastrico gioca sicuramente il ruolo più importante nella patogenesi dei danni da reflusso ed è ben noto che il controllo del pH intraluminale è fondamentale per la gestione di questa patologia. Ma di recente, con tecniche diagnostiche adeguate come la pH-impedenziometria esofagea, si è accertata la presenza, oltre all’acido cloridrico, di altre sostanze in concentrazioni variabili: pepsina (dallo stomaco), acidi biliari ed enzimi pancreatici (dal duodeno) e gas (6).

Di conseguenza all’azione caustica diretta degli acidi si unisce l’azione litica degli enzimi (soprattutto pepsina) che causano lesioni a livello delle strutture non protette, provocando infiammazione e alterazioni strutturali e funzionali del rivestimento mucoso.

Anche l’eliminazione dei gas gastrici attraverso il riflesso dell’eruttazione può causare problemi. Con la deglutizione si ingeriscono 2-3 ml di aria per volta, circa 2-4 litri di aria al giorno, che si sommano ai gas prodotti dalla digestione (<50 ml): azoto, ossigeno, anidride carbonica (Nancey e Fluorié, 2000).

L’eruttazione dei gas gastrici attraverso la bocca inizia con la distensione gastrica che porta ad un completo ed improvviso rilassamento dello UES (7), situazione che può facilitare il passaggio di materiale liquido oltre che di quello gassoso.

In effetti il 30% degli eventi di reflusso in faringolaringe sono associati all’eruttazione e questo spiega perché i pazienti affetti da RLF presentano sintomi soprattutto in posizione eretta.

A causa della forza di gravità, l’esofago subisce solo il “transito veloce” della secrezione acida, mentre faringe e laringe rimangono a contatto con il materiale refluito dallo stomaco per un tempo più prolungato a causa della loro conformazione anatomica che impedisce all’acido, una volta superato lo sfintere superiore, di ritornare nell’esofago.

Inoltre l’esofago è in grado di tollerare, seppure in modo limitato, il reflusso di materiale gastrico grazie all’epitelio pluristratificato e alle giunzioni strette intercellulari e grazie alla peristalsi esofagea, funzione motoria che aumenta la clearance degli acidi (8).

È stato dimostrato che la mucosa esofagea è in grado di resistere senza danno ai circa 50 episodi di reflusso fisiologici giornalieri, mentre quella faringolaringea può subire un danno già dopo un singolo episodio (9).

Recenti studi hanno dimostrato che la faringo-laringite da reflusso può essere provocata da un meccanismo diretto, caratterizzato da microaspirazione di materiale acido in laringe e faringe e/o da un meccanismo indiretto, ovvero laringospasmo e broncospasmo mediato dal nervo vago (10, 11).

Nel primo caso si parla di insulto acido-peptico diretto ed è determinato da un difetto dello sfintere esofageo superiore (UES), dovuto ad una ipofunzione sfinteriale o ad un disincronismo di funzione tra sfintere esofageo inferiore (LES) e UES, che lascia la laringe indifesa nei confronti di reflussi acidi prossimali (12).

Nel secondo caso si parla di riflesso vago-mediato (reflex-reflux), ovvero di irritazione vagale con alterazione dei riflessi tracheo-bronchiali mediati dal nervo vago (13, 14).

Secondo questa teoria l’irritazione della mucosa dell’esofago distale da parte dell’acido gastrico indurrebbe lo stimolo tussigeno che sarebbe responsabile dei ripetuti tentativi di schiarirsi la voce. A tali fenomeni vago-mediati conseguirebbero le lesioni a carico della laringe.

 

Meccanismi di difesa

Il ruolo dell’acido come agente lesivo è ben documentato e confermato in numerosi studi e avviene sia per un effetto diretto sulle mucose che tramite l’attivazione di enzimi proteolitici quali il pepsinogeno, che a pH inferiore a 4 raggiunge la sua forma biologicamente attiva: la pepsina.

Ripetute esposizioni all’acido cloridrico e alla pepsina inducono infiammazione locale, edema della mucosa e ulcerazioni nella mucosa del tratto respiratorio (15).

Barriera pre-epiteliale Il principale fattore di protezione delle mucose nei confronti dell’attacco acido è costituito dall’importante azione tampone svolta dagli ioni bicarbonato presenti nella saliva in concentrazione 2-3 volte maggiore di quella plasmatica e da quelli prodotti ad opera delle anidrasi carboniche (CA isoenzimi da I a XII) legate alle membrane cellulari delle mucose. Questi enzimi catalizzano la trasformazione di anidride carbonica in bicarbonato che successivamente viene escreto nello spazio extracellulare.

In pazienti con MRGE l’espressione di CA III (anidrasi carbonica III) nell’esofago è aumentata, a conferma che, in risposta al reflusso, viene innescato un meccanismo protettivo per aumentare la capacità tampone cellulare della mucosa esposta all’attacco acido (16).

Il valore esatto del pH tossico per l’esofago inferiore è di 4, la secrezione endogena di bicarbonato da parte dell’epitelio esofageo può aumentare il pH del reflusso da 2,5 a un pH >4, situazione in cui la pepsina perde maggiormente la sua attività (Tobey et al. 1989). A livello laringofaringeo invece il valore tossico del pH è tra 5 e 6, ciò dimostra che anche un reflusso debolmente acido o non acido può essere lesivo per le mucose delle alte vie aeree (17).

Peristalsi esofagea e saliva attuano la cosiddetta clearance esofagea. Questa comincia con lo svuotamento dei fluidi refluiti attraverso la peristalsi e termina con la neutralizzazione degli acidi residui attraverso la saliva deglutita (18), il periodo di tempo in cui l’esofago rimane a pH minore di 4, a seguito di un episodio di reflusso, viene chiamato “tempo di clearance acida”.  Alterazioni della peristalsi e tempi prolungati di clearance sono associati a MRGE.

Servono all’incirca 7 ml di saliva per neutralizzare 1 ml di HCl 0,1N* e la quantità di saliva normalmente prodotta è 0,5 ml/min (*soluzione titolata di acido cloridrico pari a circa 10 g/l). La scialorrea è uno dei sintomi del RLF, ciò avvalora l’ipotesi che in presenza di reflusso l’organismo metta in atto un meccanismo di difesa, infatti l’aumento di secrezione salivare (quindi di bicarbonato) consente di tamponare l’acido e, contemporaneamente, di operare una sorta di “lavaggio” delle mucose (19).

La saliva, inoltre, contiene dei fattori di crescita, tra cui il salivary epidermal growth factor importante fattore di riparazione tissutale coinvolto nella rapida rigenerazione della mucosa gastrointestinale (20). Anche le mucine, glicoproteine secrete dalle cellule mucipare caliciformi presenti negli epiteli del tratto respiratorio e gastrointestinale, contribuiscono al mantenimento della barriera mucosale, lubrificando i tessuti e proteggendoli da insulti meccanici, chimici e batterici. Nella MRGE si osserva un aumento della secrezione di mucine.

Barriera epiteliale Tutti gli epiteli sono caratterizzati dalla presenza di giunzioni cellulari (tight junction) che permettono l’adesione tra cellule contigue fornendo un supporto strutturale e difensivo ai tessuti. Le fasce di adesione si realizzano grazie alle E-caderine, glicoproteine strutturali che sporgono nello spazio interstiziale e che in presenza di Ca2+ (il nome deriva dalla contrazione di calcium adhesion) formano dei ponti tra una cellula e l’altra.

Le tight junction negli epiteli digestivi svolgono l’importante funzione di sigillare gli spazi intercellulari limitando il passaggio di acido e di pepsina ed evitando danni mucosali.

L’espressione della E-caderina è influenzata dalla MRGE e un suo deficit di produzione sembra essere un fattore predisponente alla comparsa di metaplasie e neoplasie.

 

Meccanismi del danno mucosale

È stato dimostrato che la sinergia tra acido gastrico e pepsina determina, a parità di concentrazione, un danno maggiore di quanto il solo acido sarebbe in grado di causare, producendo una lesione a carico dell'apparato giunzionale dell'epitelio, risultante nell'aumento della permeabilità parietale alle sostanze refluite (21).

I meccanismi di difesa messi in atto dall’organismo si dimostrano più efficaci a livello esofageo che non a livello della faringe e della laringe. Per sua natura l’epitelio esofageo di tipo squamoso stratificato non cheratinizzato, composto da circa 30 strati di cellule, risulta essere molto più resistente agli attacchi fisico-chimici rispetto al sottile epitelio laringeo di tipo prismatico stratificato a varietà molle (22).

Laringe e faringe non dispongono di clearance acida e la saliva tende a stratificarsi più a livello esofageo che in faringe. Anche l’azione tampone ad opera delle anidrasi carboniche è compromesso, infatti il RLF, e in particolare la pepsina, determina in laringe l’assenza dell’enzima CA III (23) e una diminuita espressione di mucina MUC5AC (24).

Tutto ciò determina una disepitelizzazione della mucosa faringo-laringea e quindi un deficit di “barriera pre-epiteliale” che lascia la mucosa faringolaringea del tutto incapace di difendersi. Nel RLF si osserva, infatti, la perdita di E-caderina che indica un difetto nella barriera epiteliale caratterizzato dall’aumento delle dimensioni degli spazi intercellulari che favorisce la diffusione del danno negli spazi mucosali (25).

Ma il vero marker e attore del danno da RLF è rappresentato dalla pepsina, che penetra sia all'interno della cellula, sia negli spazi intercellulari, già dilatati dall’allentamento delle E-caderine e dalla riduzione delle mucine e delle anidrasi carboniche. In studi condotti su colture di cellule epiteliali ipofaringee, la pepsina a pH 7,4 provoca lesioni intracellulari compromettendo apparato di Golgi e mitocondri (26).

Le alterazioni istopatologiche indotte dal RLF a livello della mucosa delle alte vie aero-digestive, sono state studiate in ratti esposti a reflusso acido indotto chirurgicamente.

Dopo 8 settimane di esposizione, sono state riscontrate alterazioni a livello faringeo caratterizzate da infiltrazione mucosale di cellule infiammatorie, proliferazione di fibroblasti, accumulo di fibre collagene e dilatazione dei capillari. Dopo 16-18 settimane di esposizione, alterazioni analoghe, sono state osservate anche a livello della mucosa laringea, specie in corrispondenza della mucosa interaritenoidea. Nella stesso periodo, a livello esofageo, è stata riscontrata la presenza di infiltrato infiammatorio intorno al plesso vagale, che potrebbe avallare la teoria patogenetica “neurogena” del riflesso vago-mediato (27).

In uno studio del 2006 sono state valutate le condizioni che danno luogo a una risposta delle proteine dello stress nell’epitelio della laringe e in che modo la disfunzione delle proteine dello stress possa contribuire al RLF. I risultati hanno evidenziato che la pepsina induce un’alterazione dell’espressione delle proteine dello stress che porta a lesioni cellulari contribuendo quindi allo sviluppo della malattia (28).

Il tutto viene a realizzarsi grazie ad un meccanismo di endocitosi della pepsina, recettore-mediata, da parte delle cellule epiteliali (29).

Nessuno studio ha evidenziato una correlazione tra severità delle alterazioni laringofaringee e quelle esofagee (30).

 

Ruolo della pepsina nelle patologie orl e respiratorie

Come si è visto in precedenza, il pepsinogeno necessita di un ambiente acido per essere convertito in pepsina, sua forma attiva. L’attività proteolitica è massima a pH 2, cade rapidamente a pH 4,5 per diventare trascurabile a pH 5,5. Se così fosse, il trattamento farmacologico con inibitori di pompa protonica (IPP) dovrebbe essere sufficiente a controllare la sintomatologia, cosa che in realtà non avviene in quanto circa il 45% dei pazienti affetti da MRGE sovraesofagea non risponde o risponde poco alla terapia con IPP (31).

N. Johnston, autorevole studioso americano del RLF, ha dimostrato inequivocabilmente che:

  • la pepsina viene captata dalle cellule epiteliali ipofaringee per endocitosi recettore-mediata;
  • l’uptake avviene a pH 7 quindi in presenza di reflusso non acido;
  • la pepsina viene riattivata all’interno della cellula causando danni mitocondriali e modifiche nell’espressione genica implicata nello stress;
  • soltanto l’inibizione irreversibile dell’attività peptica è in grado di prevenire questi danni (32).

La pepsina è facilmente rilevabile nel refluito gastrico, si è ipotizzato quindi che la sua presenza nell’orofaringe e nell’albero tracheo-bronchiale possa essere indicativa di reflusso.

La messa a punto in tempi molto recenti del PEP test ha permesso di individuare rapidamente la pepsina in una grande varietà di campioni prelevati dai pazienti, come saliva, espettorato, aspirato tracheale, aspirato esofageo, succo gastrico, liquido di condensa del fiato espirato, fluido di lavaggio auricolare, naso-sinusale e broncoalveolare.

Il crescente interesse dei ricercatori per una patologia complessa, di difficile diagnosi, sempre più presente in età adulta e pediatrica, e la facilità d’uso del PEP test hanno portato alla pubblicazione di numerosi lavori che confermano il ruolo da protagonista della pepsina nel RLF e la sua attendibilità come marker.

Quella riportata di seguito è solo una parte della letteratura pubblicata tra il 2015 e il 2016.

 

Feb 2015 – Lee et al. confermano la correlazione tra pepsina e BPCO e fibrosi polmonare idiopatica mediante il PEP test del liquido di condensa del fiato espirato e concludono che tale test può essere un utile e non invasivo marker per identificare le patologie polmonari da microaspirazione (33).

 

Giu 2015 – Krishnan et al. analizzando i referti di laringo-broncoscopie effettuate su 188 bambini (età media 3,99 anni) e gli esiti del PEP test dell’aspirato tracheale, rilevano che le alterazioni riscontrate nelle laringoscopie sono significativamente associate alla presenza di pepsina in trachea e suggeriscono che il RLF, e non il RGE, contribuisce all’eziologia delle malattie delle alte vie aeree (34).

 

Lug 2015 – Luo et al. rilevano una significativa presenza di pepsina e pepsinogeno nel fluido di lavaggio dell’orecchio medio in bambini di 2-8 anni, con otite media secretiva, ricoverati per intervento di miringotomia (38 casi – 48 orecchi). I risultati indicano che il RLF è associato alla patogenesi dell’otite media secretiva nei bambini (35).

 

Ago 2015 – Ren et al. pubblicano un articolo in cui passano in rassegna la letteratura recente nazionale (cinese) ed internazionale che concerne la relazione tra reflusso extraesofageo, pepsina ed ipertrofia delle adenoidi, patologia molto diffusa tra i bambini di 3-5 anni (36).

 

Ago 2015 – Meyer prende in esame il ruolo del RGE nelle malattie polmonari e nella disfunzione del polmone post-trapianto e sottolinea l’importanza della misurazione di biomarcatori per rilevare la microaspirazione nelle basse vie aeree (ad es. pepsina e acidi biliari nel liquido di lavaggio broncoalveolare) (37).

 

Ago 2015 – Spyridoulias et al. esaminando 68 pazienti con tosse cronica e/o alterazioni delle corde vocali, verificano l’affidabilità del test della pepsina salivare e l’importanza di inserirlo come test aggiuntivo nello screening di pazienti con sintomi extraesofagei e in presenza di reflusso nelle alte vie aeree (38).

 

Dic 2015 – Southwood et al. in uno studio effettuato su pazienti affetti da rinosinusite cronica, confermano la presenza di pepsina nel liquido di lavaggio dei seni e dimostrano in vitro i danni causati da pepsina sui mitocondri delle cellule epiteliali nasali rivelando che i livelli di citochine, inizialmente associati alla rinosinusite cronica, vengono in realtà innalzati solo successivamente al contatto della pepsina con le cellule (39).

 

Dic 2015 – Iannella et al. in uno studio condotto su bambini affetti da RLF riscontrano la presenza di pepsina nelle lacrime nel 20% dei bambini e concludono che questo semplice esame può fornire utili informazioni in merito alla sinusite e alla dacriostenosi (40).

 

Apr 2016 – Na et al. dimostrano che nei pazienti affetti da RLF i livelli di pepsina nella saliva raccolta al risveglio sono significativamente più alti degli altri campioni prelevati in altri momenti (41).

 

Apr 2016 – Kim et al. effettuano prove sul sangue prelevato da 54 bambini e 30 adulti con ipertrofia delle tonsille e test sui tessuti prelevati durante l’intervento di tonsillectomia. La pepsina è stata rilevata nelle tonsille proprio in corrispondenza dell’epitelio squamoso danneggiato. Linfociti e monociti sono risultati in uno stato altamente proliferativo e associati all’aumentata espressione di fattori proinfiammatori come risultato dell’esposizione a pepsina (42).

 

Giu 2016 – Johnston et al. pubblicano un articolo in cui si prende atto che il reflusso nelle vie aeree è diventato un controverso e complicato aspetto della medicina che richiede un approccio multidisciplinare e che gli IPP non sono efficaci quando la causa del problema è un reflusso non acido. Nell’articolo vengono passati in rassegna nuovi modelli in vitro e in vivo per lo studio del RFL e vengono discussi nuovi approcci terapeutici e chirurgici (43).

 

Ago 2016 – Anche Dhillon e Akst fanno il punto della situazione e propongono nel loro articolo un approccio diverso al RLF da parte dell’otorinolaringoiatra alla luce delle attuali tendenze nella gestione della patologia al fine di ridurre i tempi e i costi di una terapia empirica che non sempre porta a dei risultati (44).

 

Nuove prospettive nella terapia del RLF e del RGE

Attualmente il problema di base è che non esiste un gold standard per la diagnosi della MRGE e tanto meno per confermare manifestazioni extraesofagee come conseguenza del reflusso. In particolare si rilevano un’assenza di standardizzazione degli esami diagnostici nel RLF e l’impossibilità di usare gli esami del RGE a causa dei meccanismi fisiopatologici propri del RLF.

Tra gli esami strumentali il più affidabile è la pH-impedenziometria esofagea delle 24 ore per il monitoraggio del PH e della funzione sfinteriale LES e UES, è infatti l’unico esame in grado di rilevare un reflusso poco acido o non acido, la sua natura (liquido, gassoso o misto) e la sua entità, eppure viene poco utilizzato (scarsità dei centri che l’eseguono, tempi d’attesa lunghi, costo).

Anche la gestione della terapia è controversa e inadeguata, ancora oggi basata sull’algoritmo proposto da Ford nel 2005 che prevede la compilazione del RSI (Reflex Symptom Index) e del RFS (Reflex Finding Score), norme dietetiche e comportamentali e un trial empirico con IPP (45).

Ma, come già detto, circa la metà dei pazienti risponde poco o affatto alla terapia antiacida. Ad alimentare la controversia nella terapia del RLF, da una parte l’American Gastroenterological Association consiglia di “non usare IPP o anti-H2 in assenza di una concomitante sindrome esofagea o malattia da reflusso gastroesofageo” (46), dall’altra l’American Academy of Otolaryngology-Head and Neck Surgery raccomanda di raddoppiare la dose giornaliera di IPP per non meno di sei mesi “per la maggior parte dei pazienti con RLF” (22).

In un periodo di revisione della gestione della MRGE e in assenza di un farmaco mirato, in grado di inattivare irreversibilmente la pepsina e, quindi, di una terapia specifica per il reflusso non acido, trovano spazio, oltre alla chirurgia, gli alginati e i dispositivi medici con effetto barriera.

In questo scenario l’unica strategia che rimane indiscutibilmente di supporto ed efficace è quella di “rinforzare” la barriera epiteliale offrendo riparo da acido e pepsina in modo da consentire la cicatrizzazione delle lesioni mucosali ove presenti.

A tale scopo è stato messo a punto Marial®, primo e unico dispositivo medico ad uso orale che trova indicazione in entrambe le patologie, RLF e RGE.

Marial® si presenta in forma di gel a base di E-Gastryal® (Acido Ialuronico, Cheratina idrolizzata, Gomma di Tara, Gomma Xantana, acqua) e Alginato di Magnesio.

L’E-Gastryal® è costituito da un complesso di fitopolimeri, Gomma di Tara e Gomma Xantana, polisaccaridi naturali ad alto peso molecolare parzialmente solubili in acqua, in grado di conferire viscosità alla soluzione e di formare una trama di sostegno a cui si ancorano le catene peptidiche della Cheratina e l’Acido Ialuronico, biopolimero a medio peso molecolare con caratteristiche igroscopiche e idrodinamiche ottimali.

Le caratteristiche chimico-fisiche del complesso polimerico conferiscono a E-Gastryal® mucoadesività aumentando superficie di contatto e tempo di permanenza sulle mucose dell’ipofaringe e dell’esofago.

In queste condizioni l’Acido Ialuronico (HA) è estremamente biodisponibile e in grado di svolgere le sue attività fondamentali per innescare i processi riparativi e rigenerativi dell’epitelio; sia che l’HA sia legato a cellule o a componenti della matrice extracellulare, la sua natura idrofilica crea un ambiente favorevole alla migrazione delle cellule, mentre le sue proprietà di scavenger dei radicali liberi e di inibizione alla libera circolazione delle proteine nel microambiente pericellulare, hanno un’azione protettiva rispetto ai danni ossidativi e da enzimi proteolitici come la pepsina.

La Cheratina idrolizzata (KRT), sostanza indigeribile, ha invece la funzione di aumentare la consistenza e la resistenza di E-Gastryal®, rendendo più efficace l’effetto barriera; la KRT è infatti ricca di cisteina, aminoacido solforato, che forma dei ponti disolfuro estremamente forti in grado di legare tra loro le catene aminoacidiche, creando una struttura ad elica di difficile dissoluzione e resistente all’attacco di acidi gastrici e di pepsina.

Il ruolo dell’alginato nel trattamento della MRGE è ormai consolidato, le sue caratteristiche chimico-fisiche e un’ampia letteratura ne giustificano l’impiego in presenza sia di reflusso acido che di reflusso non acido. Oltre alla sua capacità di formare uno strato viscoelastico galleggiante (raft) sul contenuto gastrico, di recente, studi in vitro sull’inibizione delle proteasi hanno evidenziato la notevole proprietà dell’alginato di inibire selettivamente la pepsina, azione fortemente correlata alla percentuale di acido mannuronico presente nel tipo di alginato (47).

In Marial® la scelta è caduta su un alginato di magnesio (non di Sodio) che presenta un alto rapporto acido mannuronico/acido glucuronico e con una viscosità doppia rispetto a quella degli alginati normalmente utilizzati nell’industria farmaceutica, che porta alla formazione di un raft più stabile e consistente.

Marial® realizza, quindi, un effetto barriera antireflusso nello stomaco e contemporaneamente un effetto barriera di protezione e rigenerativa sugli epiteli, portando di conseguenza benefici sia nel RGE che nel RLF, sia in presenza di reflusso acido che non acido, sia in stazione eretta che supina.

Per questi motivi può essere utilizzato per un rapido controllo della sintomatologia da solo, soprattutto nelle fasi iniziali del trattamento o in associazione alla terapia farmacologica (IPP, anti-H2, procinetici).

Sostanzialmente Marial® è un dispositivo medico assimilabile ad una “medicazione fluida mucoadesiva”, le sue caratteristiche, infatti, rispondono a quelle di una medicazione ideale:

è biocompatibile perché interagisce con il sistema biologico senza determinare risposte infiammatorie, immunitarie o allergiche

garantisce una protezione meccanica e un effetto barriera

si conforma alla superficie della lesione

favorisce i processi di riparazione tissutale.

Infine la scelta di materie prime naturali, l’assenza di polimeri sintetici e di sodio rendono l’uso di Marial® estremamente sicuro anche in pediatria e in gravidanza.

 

 

 

 

BIBLIOGRAFIA

 

 

N. 14/2017 - MedTOPICS - Periodico Quindicinale

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