La vaginite batterica, una patologia con sintomi modesti ma possibili importanti conseguenze
La vaginite batterica (VB), con un’incidenza stimata tra il 5% e il 50%, rappresenta la più comune infezione vaginale sia in età fertile che in gravidanza o in premenopausa. Tale forma di vaginite è un disordine polimicrobico complesso, caratterizzato dalla eccessiva crescita di anaerobi (Tabella 1) e dalla riduzione dei lattobacilli, in particolare i ceppi produttori di perossido di idrogeno, che rappresentano la specie predominante nella vagina sana (1).
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Fondamentalmente, la VB non è causata dalla semplice presenza di potenziali patogeni ma da un incremento incontrollato del loro numero, che spesso supera di 100-1000 volte i normali livelli batterici endovaginali (2).
Nonostante molti comportamenti ad alto rischio in comune con una malattia sessualmente trasmessa (MST), a differenza di una tipica MST sostenuta da un singolo agente eziologico e con chiare vie di trasmissione, la VB coinvolge molteplici patogeni, la maggior parte dei quali spesso presenti, sebbene in numero limitato, anche nella vagina di donne sane e di donne che non hanno mai avuto rapporti sessuali (2).
Fino al 50% delle donne affette da VB non riferisce sintomi; negli altri casi, la sintomatologia è modesta, costituita da scarse perdite vaginali dall’odore di pesce, conseguenza della produzione di amine da parte di batteri anaerobi.
Se la sintomatologia è poco significativa, al contrario le conseguenze cliniche della VB possono essere importanti. Infatti, le alterazioni del microbiota vaginale sono state associate ad infezioni ascendenti e complicanze ostetriche, nonché ad infezioni del tratto urinario (1). In particolare, la VB è stata identificata come cofattore di infezioni ginecologiche da Herpes simplex, Trichomonas vaginalis, Neisseria gonorrhoeae, Chlamydia trachomatis e HIV 1, 2. Numerose sono inoltre le possibili complicanze ginecologiche della VB, che includono malattia infiammatoria pelvica (PID), endometrite, cervicite mucopurulenta, displasia cervicale, infezioni urinarie e postchirurgiche (aumento di 3 volte del rischio post-chirurgico).
Nella donna in gravidanza, la VB determina un maggior rischio di complicanze quali aborti tardivi, rottura prematura delle membrane, parto pretermine, endometrite post cesareo, PID post abortiva. In particolare, durante il terzo trimestre di gravidanza la VB si è dimostrata associata ad un rischio di sviluppare un’endometrite puerperale 10 volte più elevato rispetto a quello osservato nelle gravide non affette da tale condizione (3).
L’importanza delle complicanze a cui può andare incontro la donna affetta da VB rende necessari una diagnosi tempestiva e un efficace trattamento che, quando l’infezione si verifica durante la gravidanza, deve dimostrarsi sicuro anche per il feto.
Nella pratica clinica la diagnosi di VB è generalmente basata sulla presenza di tre dei quattro criteri descritti da Amsel (Tabella 2).
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Un secondo metodo diagnostico è il calcolo del punteggio di Nugent, un metodo microscopico che quantifica tre differenti morfotipi di batteri presenti nello striscio vaginale ad elevato campo di ingrandimento: un punteggio ≥7 è considerato indicativo di VB (4).
Bibliografia |
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1. Mastromarino P. et al. Bacterial vaginosis: a review on clinical trials with probiotics. New Microbiologica 2013; 36: 229-238
2. Turovskiy Y. et al. The aetiology of bacterial vaginosis. Journal of Applied Microbiology 2011; 110, 1105–1128
3.Tavassoli K., Mattana P. L’attualità del trattamento topico delle infezioni vaginali con l’associazione metronidazolo-clotrimazolo. MINERVA GINECOL 2013;65
4. Machado A. et al. Diagnosis of bacterial vaginosis by a new multiplex peptide nucleic acid fluorescence in
situ hybridization method. PeerJ 2015; 3:e780; DOI 10.7717/peerj.780
N. 20/2015 - MedTOPICS - Periodico Quindicinale |