1. PRIMO EPISODIO DI FIBRILLAZIONE ATRIALE: COME COMPORTARSI

Le Linee Guida Europee ESC 2016 (1) e quelle Americane AHA 2014 (2) sul trattamento del paziente con Fibrillazione Atriale (FA) raccomandano che la strategia antitrombotica da adottare sia indipendente dal numero di episodi e dalla tipologia (parossistica, persistente, permanente) di FA documentata.  A tale riguardo è bene ricordare che almeno 1/4 degli episodi di FA è asintomatico e in più del 50% dei casi si assiste al ripristino spontaneo del ritmo sinusale entro le prime 6 ore.  Dato ancora più rilevante, la mortalità dei pazienti con diagnosi di “primo episodio” di FA è superiore a quella dei pazienti con Fibrillazione Atriale parossistica e persistente.

 

Pertanto, il primo episodio documentato (sintomatico o no) deve essere considerato alla stregua di un episodio ricorrente ed occorre, quindi, mettere in atto una strategia di management univoca: stratificazione del rischio trombotico ed emorragico e definizione di un’efficace profilassi antitrombotica.

 

La forma parossistica (silente o no) della FA rappresenta in molti casi, nella storia naturale dell’aritmia, l’evento di esordio di una FA persistente o permanente: nel corso della sua progressione, la FA passa da episodi brevi e rari ad episodi sempre più frequenti e prolungati, fino alla cronicizzazione dell'aritmia. Questo tipo di evoluzione è condizionato da alcune variabili quali l'età, le comorbilità e le caratteristiche ecocardiografiche del caso.

 

Secondo i risultati dello studio AFFIRM (3), gli episodi occasionali di FA asintomatica presentano un rischio tromboembolico aumentato, nonostante si associno ad una riduzione del rischio di scompenso cardiaco e di ospedalizzazione rispetto alle forme sintomatiche.  Esistono tuttavia situazioni in cui la FA è correlabile a cause reversibili (alcool, distiroidismo, chirurgia, disturbi elettrolitici) o intercorrenti (infarto miocardico, chirurgia, sepsi, embolia polmonare): in tali casi può non essere necessario il trattamento anticoagulante e ci si limita ad un follow-up clinico/strumentale dedicato.

 

In ogni caso, il riscontro di FA necessita di un inquadramento in base alle modalità di presentazione e durata dell'aritmia (Tabella 1), indipendentemente dal numero di episodi e dalle implicazioni tromboemboliche [4].

 

Il rischio di ictus e di eventi tromboembolici nella FA parossistica (FAP) è meno definito, in quanto questi casi rappresentano una percentuale ridotta di pazienti valutati, sia nei trial che nei registri (<30%).

 

Nello studio SPAF (Stroke Prevention in Atrial Fibrillation) (5) l'incidenza annuale di ictus ischemico è risultata simile nella forma parossistica (3,2%) e in quella persistente (3,3%), indipendentemente dal rischio tromboembolico. Analoghi risultati sono emersi da grandi trial condotti con i Nuovi Anticoagulanti Orali (NAO) ma, poiché questi dati non sono stati per ora ripresi dalle Linee Guida, la loro applicazione nella pratica clinica risulta piuttosto limitata.

 

La ricerca del burden di FA nel contesto di FA silente (> 5,5 h/24 h nello studio TRENDS correla con aumentato rischio tromboembolico) supporta la scelta dell'inizio della profilassi tromboembolica in pazienti che hanno avuto un unico episodio di FA (6).

 

Validità e limiti della stratificazione del rischio tromboembolico (CHA2DS2-VASc Score) ed emorragico HAS- BLED score).

Le Linee Guida Europee (1) codificano il rischio tromboembolico mediante lo score CHA2DS2-VASc (che considera età, sesso, scompenso cardiaco o FE <40%, ipertensione arteriosa, diabete mellito, pregresso ictus/TIA o altro evento tromboembolico, malattia vascolare) (Tabella 2), ed il rischio emorragico mediante l'HAS-BLED score  (che considera i seguenti fattori:  ipertensione arteriosa, insufficienza renale ed epatica, ictus pregresso o predisposizione al sanguinamento maggiore, farmaci che predispongono al sanguinamento, INR labile, età, alcool) (Tabella 3) (4).

 

Le Linee Guida suggeriscono di utilizzare lo score CHA2DS2-VASc indipendentemente dal tipo e dal numero di episodi di FA anche se, in molti casi, nella pratica clinica si prendono in considerazione altri fattori che al momento non sono inclusi negli score raccomandati (Figura 1).

 

Mentre risulta abbastanza agevole impostare un trattamento anticoagulante in presenza di elevato rischio tromboembolico con basso rischio emorragico, risulta più difficile scegliere il trattamento adeguato in seguito ad un primo episodio di FA documentata in un paziente a basso rischio trombotico, soprattutto se associato a elevato rischio emorragico (4%), ma anche in caso di associazione (che risulta più frequente, riguardando il 32% dei casi) con un basso rischio emorragico.

 

Cosa fare quindi? Vediamo due casi esemplari:

  • CHA2DS2-VASc score = 0 in un paziente di età <65 aa (AF “lone”; Fibrillazione Atriale isolata):

in questo caso non sussiste alcuna indicazione alla terapia antitrombotica.

 

  • CHA2DS2-VASc score = 1 in un paziente maschio:

in questo caso le Linee Guida ESC (1) suggeriscono di iniziare l’anticoagulazione, preferibilmente con i Nuovi Anticoagulanti Orali (NAO) o Anticoagulanti ad Azione Diretta (Direct Oral Anticoagulants, DOAC) (classe d'indicazione II, livello di evidenza A).

 

Il rischio tromboembolico in questa categoria di pazienti è molto basso (1,3%/anno) ed è qui che vengono in supporto, agli score abituali, altri parametri per meglio stratificare il rischio tromboembolico e guidare quindi le successive scelte terapeutiche (Tabella 4).

 

Ruolo dell'imaging nella stratificazione del rischio tromboembolico

 

Gli eventi tromboembolici sono una complicanza non rara di numerose patologie cardiovascolari, tra cui la FA.  Di tutte le embolie sistemiche, si stima che il 15-20% siano cardio-emboliche, così come sono di origine cardiaca il 25% dei TIA o ictus criptogenetici.

 

L'imaging cardiaco acquisisce quindi un ruolo importante nel guidare il Medico verso la scelta della terapia ottimale.

 

L'ecocardiografia transtoracica è utile per stratificare il rischio tromboembolico, in quanto questa metodica è in grado di identificare il trombo in atrio sinistro con una sensibilità che varia dal 40 al 70%, a seconda se il trombo si localizzi o meno nell'auricola sinistra, sede preferenziale nei pazienti con FA non valvolare; l’ecocardiografia è utile inoltre per lo studio delle dimensioni e dei volumi atriali che correlano con il rimodellamento e dell'alterata contrattilità atriale che favorisce la stasi ematica e la formazione di trombi; la metodica indaga, infine, le eventuali condizioni strutturali sottostanti che indirizzano verso la terapia più appropriata (controllo della frequenza versus cardioversione).

 

L'ecocardiografia transesofagea è utile nel ricercare la fonte degli emboli, rappresentata nella FA dalla trombosi endocavitaria in atrio sinistro, e valuta le caratteristiche morfo-funzionali dell'auricola sinistra.

 

La tomografia computerizzata cardiaca, data la sua spiccata sensibilità, è utile nella stratificazione del rischio cardio-embolico per la ricerca della trombosi auricolare e/o ventricolare sinistra nei pazienti in cui sia controindicato l'ecocardiogramma transesofageo.

 

La risonanza magnetica cardiaca ha un ruolo secondario, ma spesso complementare, alle altre metodiche d'imaging.

 

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N. 23/2017 - MedTOPICS - Periodico Quindicinale

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  • CHA2DS2-VASc score = 0 in un paziente di età <65 aa (AF “lone”; Fibrillazione Atriale isolata):
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