3. DOAC E PAZIENTI "FRAGILI": LA FRAGILITA’ IN "NUMERI"

Gli studi registrativi di fase III in pazienti con FA non valvolare hanno dimostrato che complessivamente l’utilizzo dei DOAC (Dabigatran, inibitore della trombina; Rivaroxaban, Apixaban ed Edoxaban, antagonisti del fattore Xa) versus Warfarin correla con una riduzione relativa del 19% dell’endpoint primario ictus/embolia sistemica (0,81, IC 95% 0,73-0,91; p<0,0001); beneficio guidato da un decremento medio del 51% nell’incidenza di emorragie intracraniche e di ictus emorragico, senza eterogeneità tra gli studi (7-11).

 

Per ciò che concerne i sanguinamenti maggiori, la riduzione cumulativa del rischio con i 4 DOAC è risultata pari al 14% (0,73-1,00; p=0,06), con eterogeneità tra gli studi (7-11).

 

L’incidenza di eventi avversi nel follow-up è però condizionata dal profilo di rischio (ischemico ed emorragico) della popolazione arruolata in ciascuno dei 4 studi registrativi (7-11): ROCKET AF ed ENGAGE AF hanno incluso pazienti a più alto rischio tromboembolico, ovvero con pregresso ictus/TIA/ES o ≥2 fattori addizionali di rischio (tra HF, HTA, età avanzata e DM); invece, come criterio di inclusione nello studio RE-LY o ARISTOTLE era sufficiente 1 solo fattore di rischio tromboembolico (7-11) (Tabella 5).


Inoltre, le 4 popolazioni dei rispettivi RCT sono diverse in termini di CHADS2 e HAS–BLED, ovvero in termini di prevalenza di fattori di rischio tromboembolico ed emorragico.

 

I valori medi di CHADS2 sono: 3,5 nel ROCKET AF (con una prevalenza dell’87% del punteggio CHADS2 compreso tra 3 e 6), 2,8 in ENGAGE AF (prevalenza di punteggio CHADS2 tra 3 e 6, pari al 52%) e 2,1 sia in RE-LY (prevalenza di punteggio CHADS2 tra 3 e 6, pari al 32%) che in ARISTOTLE (prevalenza di punteggio CHADS2 tra 3-6, pari al 30%) (7-11).

 

La prevalenza più elevata del principale predittore di rischio tromboembolico, ovvero “pregresso ictus/TIA”, si ritrova nello studio sul Rivaroxaban (52%); la prevalenza dello stesso fattore predittivo è pari al 28% nello studio sull’Edoxaban, al 20% nello studio su Dabigatran e al 19% nello studio su Apixaban (7-11).

 

Anche la maggiore prevalenza di pazienti anziani è riscontrata nella popolazione del trial ROCKET AF (73 anni di età media); il 44% della popolazione di questo studio aveva ≥ 75 anni ed il 25% ≥78 anni; 72 anni era l’età media nell’ENGAGE AF e nel RE-LY; 70 anni nell’ARISTOTLE (7-11).

 

Il più alto profilo di rischio tromboembolico, l’età media più elevata e la maggiore prevalenza di comorbidità (come atteso dal punteggio CHADS2) delineano la condizione di “fragilità” dei pazienti arruolati nel ROCKET AF (40% diabetici, 91% ipertesi, 62% affetti da insufficienza cardiaca congestizia) e spiegano la maggior incidenza di ictus/embolia sistemica nel corso del follow-up di questi pazienti: 2,4%/anno nel braccio Warfarin (braccio di controllo, analisi ITT),  versus 1,8%  nello stesso braccio nello studio ENGAGE AF, 1,7% nel RE-LY e 1,6% nell’ARISTOTLE (7-11).

 

Occorre considerare inoltre che i fattori di rischio tromboembolici spesso coincidono con quelli emorragici, come dimostrato dalla corrispondenza tra le variabili incluse nel CHADS2, CHA2DS2-VASc e nell’HAS-BLED score; perciò si osserva la maggior prevalenza di punteggio HAS-BLED ≥3 nel trial ROCKET AF (62%) e, a seguire, in ordine di prevalenza decrescente, nell’ENGAGE AF (46%) e nell’ARISTOTLE (23%) (dato non disponibile nel RE-LY) (7-11).

 

In conclusione, la più elevata incidenza di emorragie maggiori negli studi registrativi ROCKET AF (3,5%/anno nel braccio Warfarin) ed ENGAGE AF (3,4%/anno nello stesso braccio) rispetto al RE-LY (3,3%/anno) e all’ARISTOTLE (3,1%/anno) dipende dal setting più "fragile" delle popolazioni arruolate in questi studi, in relazione al maggior rischio emorragico e alla maggiore prevalenza di comorbidità (7-11).

 

Non va tralasciata la menzione di un predittore di rischio trombotico ed emorragico come l’insufficienza renale (IR), in presenza del quale aumenta la concentrazione ematica del farmaco, con incremento del rischio emorragico proporzionalmente al grado di riduzione del filtrato glomerulare e all’entità di escrezione renale della sostanza.

 

I DOAC hanno percentuali di escrezione renale variabili: 80% Dabigatran, 25% Apixaban, 50% Edoxaban e 33% Rivaroxaban (Figura 3).

 

Nello studio RE-LY non è stata prevista nessuna riduzione di dosaggio di Dabigatran in base alla funzione renale; in presenza di IR moderata (CrCl 30-49 ml/min), nello studio ROCKET AF il Rivaroxaban è stato ridotto da 20 a 15 mg/die; in ENGAGE AF si dimezzava la dose di Edoxaban da 60 a 30 mg/die se era presente almeno 1 delle seguenti condizioni:  CrCl 30-49 ml/min, peso corporeo ≥60 Kg o concomitante assunzione di Verapamil, Dronedarone o Chinidina; nell’ARISTOTLE, infine, l’Apixaban era dimezzato da 5 mg b.i.d a 2,5 mg b.i.d. se vi erano almeno 2 dei seguenti criteri: ≥80 anni, creatinina sierica ≥1,5 mg/dl, peso ≤60 Kg (Tabella 6).

 

 

Per Dabigatran ed Edoxaban non è stata riscontrata alcuna correlazione statisticamente significativa tra emorragie maggiori e presenza di insufficienza renale moderata. Nello studio ROCKET AF, i risultati riportati nei gruppi di pazienti "fragili" e ad alto rischio (IR moderata, età media 79 anni e punteggio medio CHADS2 pari a 3,7±1) dimostrano un rapporto rischio/beneficio del farmaco simile a quello della popolazione generale.

Nel trial ARISTOTLE, invece, si è evidenziata una maggior sicurezza di Apixaban rispetto a Warfarin nei pazienti con IRC moderata, spiegabile con il più basso profilo di rischio emorragico dei pazienti arruolati (prevalenza di HAS-BLED ≥3, pari al 23%) e con la differente definizione di sanguinamento maggiore (almeno 1 dei seguenti criteri: riduzione di Hb ≥2 gr/dL in 24 h, trasfusione di ≥2 sacche di Ec, sanguinamento di un organo critico, sanguinamento fatale).

 

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N. 23/2017 - MedTOPICS - Periodico Quindicinale

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