Razionale e risultati degli studi di sicurezza cardiovascolare con gli inibitori della DPP-4
La mortalità dei pazienti diabetici, nonostante un trend di riduzione mostrato dai più recenti dati, rimane ancora distante da quella della popolazione non diabetica. L’introduzione di nuovi farmaci, come le incretine, ha suscitato particolare interesse per gli effetti aggiuntivi a quelli metabolici che contribuiscono a migliorare la funzione vascolare e di conseguenza a ridurre il rischio di vasculopatie, insufficienza cardiaca e malattia renale cronica.
Una recente metanalisi di 70 studi clinici randomizzati sugli inibitori della DPP-4 (DPP-4i) e rischio cardiovascolare (Monami M et al. Diabetes, Obesity and Metabolism 2013) ha dimostrato che il trattamento dei pazienti diabetici con DPP-4i determina una riduzione del rischio di eventi cardiovascolari (CVE) di circa il 36%.
Tuttavia, dopo la sospensione della commercializzazione del rosiglitazone, la FDA ha richiesto ai produttori di nuovi farmaci per il diabete studi a lungo termine su outcome CV che ne dimostrino la sicurezza. Nello specifico, FDA, come illustrato in Figura 1, ha indicato che uno studio di outcome cardiovascolare venisse eseguito con l’obiettivo di mostrare che il limite superiore dell’intervallo di confidenza del Rischio Relativo sia inferiore a 1,3 mentre valori pari o superiori a 1,8 comportano la non approvazione all’uso del farmaco anti-diabetico in oggetto.
Un aspetto particolare di questi studi è rappresentato dal fatto che si tratta di Equipose Clinical Trial, ovvero studi in cui rischi e benefici dei trattamenti alternativi sono bilanciati, prevedendo una protezione CV uguale per i due bracci di trattamento, per non penalizzare alcun trattamento a priori. I risultati vanno, pertanto, interpretati con questa chiave di lettura.
In linea con queste indicazioni gli studi di outcome CV condotti con i DPP-4i sono studi di sicurezza cardiovascolare iniziati in risposta a richieste regolatorie.
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Il primo studio pubblicato è stato il SAVOR-TIMI (Saxagliptin and Cardiovascular Outcomes in T2DM Patients), condotto su 16.492 pazienti con anamnesi positiva per, o ad alto rischio di eventi CV, trattati per un periodo della durata media di 2,1 anni. I risultati hanno dimostrato che il trattamento con saxagliptin non aumenta il rischio CV, soddisfacendo il requisito di sicurezza.
Il secondo studio è stato EXAMINE (Examination of Cardiovascular Outcomes: Alogliptin vs. Standard of Care in Patients with Type 2 Diabetes Mellitus and Acute Coronary Syndrome), condotto su 5.380 pazienti con un evento coronarico acuto occorso 15-90 giorni prima della randomizzazione. Il trattamento con alogliptin, per un tempo medio di 1,8 anni, non si associava a aumento del rischio di eventi CV, dimostrandosi sicuro anche in questa popolazione di pazienti altamente instabili.
Il terzo studio è stato il TECOS (Trial to Evaluate Cardiovascular Outcomes after Treatment with Sitagliptin), condotto su 14.671 pazienti con malattia vascolare preesistente e quasi tutti con un precedente evento, seguiti per una mediana di 3 anni. Anche i risultati di questo studio hanno confermato la sicurezza dei DPP-4i.
Sulla base dei risultati di tali studi si può concludere che, aggiunti alla cura standard in pazienti ad alto rischio CV, i DPP-4i non aumentano né riducono il rischio dell’endpoint composito primario di morte CV, infarto miocardico o stroke ischemico.
Una differenza, peraltro, emerge per quanto riguarda il rischio di ospedalizzazione per insufficienza ventricolare sinistra (IVS) che nel SAVOR-TIMI è risultato aumentato del 27% circa. Questo aumento era sostanzialmente limitato ai primi 6-12 mesi e non si associava a aumento della mortalità. Per quanto riguarda gli altri studi, in EXAMINE, che annoverava soggetti ad alto rischio CV, è stato osservato un aumento non significativo del 19% del rischio di ospedalizzazione per IVS, mentre in TECOS non si registrava aumento alcuno del rischio (Figura 2).
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L’aspetto della sicurezza dei farmaci anti-iperglicemizzanti come i DPP-4i è rilevante se si considera l’incertezza della selezione di un trattamento in soggetti con recente episodio CV. A questo proposito vale la pena ricordare come un diabete misconosciuto venga diagnosticato nel 25% dei 128.000-130.000 casi di infarto del miocardio che si verificano ogni anno in Italia.
In questi soggetti la scelta di un farmaco sicuro è essenziale. Ad esempio, dati epidemiologici (Forst T et al. Diab Vasc Dis Res 2013) hanno evidenziato un maggior rischio di eventi CV in pazienti diabetici trattati con sulfoniluree. A questo proposito lo studio CAROLINA (Cardiovascular Outcome Study of Linagliptin Versus Glimepiride in Patients With Type 2 Diabetes) fornirà informazioni sul confronto diretto sull’impiego di un DPP-4i rispetto all’uso di glimepiride in soggetti diabetici ad alto rischio CV. Nel frattempo può essere utile ricordare come l’analisi dei dati del registro AIFA abbia mostrato una riduzione del 36% del rischio relativo di insufficienza cardiaca in pazienti diabetici trattati con DPP-4i, rispetto a quelli trattati con sulfoniluree (Tabella 2).
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In conclusione, gli studi di outcome CV con i DPP-4i sono essenzialmente studi di sicurezza CV, nella maggior parte dei casi iniziati in risposta a richieste regolatorie. Il disegno di questi studi è stato tale da equiparare il controllo glicemico per minimizzare i possibili effetti confondenti di tale parametro sugli outcome di interesse, il che giustifica le modeste differenze nei livelli di HbA1c tra DPP-4i e placebo. I risultati di tali studi CV hanno dimostrato che i DPP-4i, oltre al già noto profilo globale di sicurezza, hanno anche un’affidabile sicurezza CV.
N. 5/2016 - MedTOPICS - Periodico Quindicinale |