La vaginosi batterica, un frequente e fastidioso problema

Il 20–30% delle donne con perdite vaginali è affetto da vaginosi batterica, che rappresenta la più comune forma di infezione vaginale sia in età fertile che in gravidanza o in premenopausa. La vaginosi batterica è un disordine polimicrobico complesso, caratterizzato dall’eccessiva crescita di anaerobi e dalla riduzione della specie predominante nell’ecosistema vaginale, i lattobacilli produttori di perossido di idrogeno (1). Tale infezione non è causata dalla semplice presenza di potenziali patogeni, ma dall’aumento incontrollato del loro numero, che spesso supera di 100-1000 volte i normali livelli batterici endovaginali.

Si ritiene che il ruolo principale sia svolto da Gardnerella vaginalis, che causando l’aumento del pH vaginale a valori >5 rende la nicchia ecologica vaginale adatta alla colonizzazione da parte di anaerobi obbligati, responsabili della comparsa della sintomatologia.

Nonostante molti comportamenti ad alto rischio in comune con una malattia sessualmente trasmessa (MST), a differenza di una tipica MST sostenuta da un singolo agente eziologico e con chiare vie di trasmissione, la vaginosi batterica coinvolge molteplici patogeni, la maggior parte dei quali spesso presenti, sebbene in numero limitato, anche nella vagina di donne sane e di donne che non hanno mai avuto rapporti sessuali (2). Tra i vari fattori di rischio per tale condizione, peraltro, sono riportati fattori legati all’attività sessuale (Tabella 1).

 

Fino al 50% delle donne affette da vaginosi batterica non riferisce sintomi; negli altri casi, la sintomatologia classica è costituita da scarse perdite vaginali omogenee, di colore bianco o grigio, dal caratteristico odore di pesce determinato dalla produzione di amine (trimetilamina, putrescina e cadaverina) da parte di batteri anaerobi (3).

Le perdite vaginali, peraltro, rappresentano un sintomo non specifico di vaginosi batterica in quanto, oltre ad essere associate a condizioni fisiologiche (mestruazione, ovulazione, stimolazione sessuale, gravidanza), a patologie cervicali (ectropion cervicale, polipi, carcinoma), a cause varie (ad es. ritenzione di tampone o condom, corpo estraneo, trauma), possono essere causate da altre infezioni sia a trasmissione sessuale (Chlamydia trachomatis, Neisseriae gonorrhoeae, tricomoniasi, infezione cervicale da herpes virus e condilomi vaginali) sia non trasmesse sessualmente, come la candidiasi vulvovaginale. Dolore, bruciore e prurito non rappresentano sintomi primari della vaginosi batterica e sono assenti o solo minimi i segni di infiammazione o irritazione (4).

La diagnosi è basata su criteri clinici o sulla colorazione di Gram. Per la diagnosi clinica è necessaria la presenza di tre dei quattro criteri diagnostici di Amsel:
1) pH della secrezione vaginale >4.5;
2) sottile strato di secrezione omogenea (consistenza simile al latte), sottile, bianca, che riveste le pareti vaginali;
3) presenza di batteri adesi ai bordi delle cellule epiteliali (clue cells) all’esame microscopico (Figura 1);
4) caratteristico odore di pesce, in particolare dopo l’aggiunta di una soluzione di KOH al 10% (alcalinizzazione) alle secrezioni (whiff test).

Figura 1. Cellule epiteliali vaginali dai margini indistinti, nascosti dai numerosissimi batteri attaccati alla superficie che conferiscono alle cellule un aspetto granulare (clue cells) in striscio a fresco.

 

Il gold standard per la diagnosi è considerato la colorazione di Gram, impiegata per determinare la concentrazione relativa di lattobacilli (cioè, lunghi bastoncelli Gram-positivi), bastoncelli e cocchi Gram-negativi e Gram-variabili (cioè, G. vaginalis, Prevotella, Porphyromonas e peptostreptococchi) nonché bastoncelli curvi Gram-negativi (cioè, Mobiluncus) caratteristici della VB. Altri test diagnostici proposti, come ad es. l’ibridazione con sonde di DNA e la reazione polimerasica a catena (PCR), la ricerca di amine, acidi a catena corta volatili ed enzimi come la prolin aminopeptidasi mostrano scarsa specificità o richiedono ulteriore validazione. La coltura di G. vaginalis non è raccomandata come strumento diagnostico in quanto non specifica e il Pap test cervicale mostra scarsa specificità e sensibilità (5).

 

Bibliografia

1. Tavassoli K., Mattana P. L’attualità del trattamento topico delle infezioni vaginali con l’associazione metronidazolo-clotrimazolo. MINERVA GINECOL 2013;65
2. Turovskiy Y. et al. The aetiology of bacterial vaginosis. Journal of Applied Microbiology 2011; 110, 1105–1128
3. Mastromarino P. et al. Bacterial vaginosis: a review on clinical trials with probiotics. New Microbiologica 2013; 36: 229-238
4. Livengood CH. Bacterial Vaginosis:An Overview. Reviews in Obstetrics & Gynecology 2009; 2 (1)
5. Frieden TR, Jaffe HW, Cono J. MMWR Recom Rep 2015; 64(3): 75-78 


 

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N. 07/2016 - MedTOPICS - Periodico Quindicinale
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