Aderenza e persistenza terapeutica: definizioni

Fino alla fine degli anni ’90, il termine preferito per definire la corretta modalità di assunzione dei farmaci è stato “compliance” (1); successivamente, è stato introdotto il termine di “aderenza”, che attualmente viene preferito.

Compliance: Grado con cui un paziente, quando assume un farmaco che gli è stato prescritto, rispetta le indicazioni posologiche ed i tempi di assunzione dati dal medico prescrittore.

Aderenza: Grado con cui il paziente che assume un farmaco, rispetta, dopo averle condivise, le indicazioni di un operatore sanitario.

La principale differenza fra queste due definizioni sta nel fatto che il termine “compliance” implica un ruolo passivo del paziente, semplice recettore acritico delle indicazioni del Medico, mentre quello di “aderenza” implica che il paziente abbia un confronto attivo e una buona comunicazione con il personale sanitario per condividere la strategia terapeutica, chiarire gli obiettivi e le modalità del trattamento, pianificare il monitoraggio (2).
Un altro aspetto da considerare, soprattutto per quanto riguarda i trattamenti farmacologici cronici, è la cosiddetta “persistenza” terapeutica.

Persistenza: Tempo intercorrente fra l’inizio e la fine di un trattamento farmacologico prescritto.

L’appropriata assunzione a lungo termine di un farmaco è determinata sia dalla aderenza che dalla persistenza: un paziente può infatti essere persistente (cioè prosegue la cura nel tempo), ma non aderente (cioè assume meno farmaco di quanto viene prescritto), oppure può essere aderente (cioè assume la dose prescritta), ma non persistente (cioè interrompe di propria iniziativa il trattamento) (2).

Bibliografia
1. Sabate E. WHO Adherence Meeting Report. Geneva, World Health Organization, 2001
2. Cramer JA, Roy A, Burrel A, Fairchild CJ, Fuldeore MJ, Ollendorf DA, et al. Medication compliance and persistence: terminology and definitions.Value Health 2008; 11:44-47.

 
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